La prima decisione annunciata da Alexis Tsipras è sacrosanta: bloccare le privatizzazioni. Le banche la prendono malissimo, la borsa crolla (-12%): un altro segno del fatto che abbia ragione, dato che la gran parte del commercio alla borsa ateniese è in derivati – ovvero in scommesse tra le banche. Se la borsa cala (sto semplificando tantissimo) è segno del fatto che le banche temono che le loro speculazioni stiano andando male. In un Paese in cui l’industria quasi non esiste ed il credito al settore immobiliare è azzerato, è decisamente una buona notizia. Perché bisogna impedire le privatizzazioni? Facile da spiegare. Se il Porto del Pireo produce il 5% degli utili del prodotto interno lordo e, invece di farli restare in Grecia, li si regala ad un investitore straniero, secondo voi la Grecia ci guadagna o ci perde? Sono state vendute ai francesi l’acqua e l’elettricità ai tedeschi. Secondo voi da allora ci sono stati investimenti nelle reti? No. Ma le tariffe sono aumentate di oltre il 300%. A chi vanno quei soldi? Insomma, il governo Tsipras parte con delle belle decisioni da conservatore illuminato, ciò di cui avremmo bisogno anche noi. Non lo dico per sfottere, anzi. Non c’è nulla di “comunista” nel voler salvare l’economia del proprio Paese aggredito dalle banche e dagli Stati stranieri. Il nazionalismo non è certo di sinistra, e difatti l’alleato di Tsipras è un partito apertamente conservatore. Ma Tsipras dimostra coraggio, efficienza e serietà. Esattamente il contrario di Matteo Renzi, che finora ha dimostrato la sua bravura solo accoltellando i suoi colleghi di partito, raccontando favole e spostando montagne per partorire topolini. Pochi, peraltro. 80. Ad un prezzo sociale che mi pare incalcolabile. La Grecia ci mostra la strada per dimostrare di essere seri. Andare a votare su precisi programmi politici. In Italia abbiamo un Parlamento in cui votano rappresentanti di partiti estinti nel Pleistocene e parlamentari che cambiano squadra come calciatori sudamericani. E non c’è nessuna strategia economica ed industriale, se non i resti della spinta di Mario Monti a svendere le ricchezze italiane al più presto possibile, di modo da poter mettere in ginocchio il Paese al più presto possibile.
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