Sono sveglio, sto lavorando. Perché è l’ultima notte della mia vita in Via Baccina, in un appartamento che ha significato molto. Tantissimo. Scelto come la speranza di una vita diversa, sopravvissuto alla fine di quel sogno ed all’incubo che ne era derivato. Mai, dopo la mia infanzia, ero rimasto tanto a lungo nello stesso posto. Eppure queste ultime notti sono sempre state durissime. Di quella a Gordevio, in Valle Maggia, non ricordo nulla. Ero disperato, mi stavano togliendo mia figlia Valentina, non riuscivo a pensare ad altro. Non feci nemmeno il trasloco, lasciai tutto lì e me ne andai prima a Zurigo, e poco dopo a fare il contadino in Germania Est. Mia moglie prese ciò che voleva, il resto venne buttato. I miei libri bruciati in giardino. In Germania ho amato il mio piccolo appartamento da scapolo nella Elbestrasse, non quello figo in cui andai ad abitare con Kerstin, a pochi passi dalla monumentale (e bellissima) Domplatz. Dalla Elbestrasse scappammo una mattina presto, Kerstin, Constantin ed io. Fu un trasloco a Zurigo in condizioni allucinanti, perché avevo perso il lavoro e dovevo iniziare in Svizzera un giorno dopo. Lasciammo tutto lì, di nuovo. L’ultima notte a Menaggio, sul Lago di Como, fu ancora più traumatica. Kerstin era già andata via, io dormivo a terra nella casa vuota, senza riscaldamento. Poco dopo mezzanotte me ne andai a dormire in albergo, senza dire addio a nulla. Non ci sono mai più andato. Lo stesso è successo con la casa nel bosco al Lago dell’Accesa, tra Massa Marittima e Gavorrano, che ho abbandonato per venire a Roma, il 3 settembre del 2011. L’ultima notte piangevo e vomitavo. Barbara era sparita, non avevo più soldi, ho impiegato quasi quattro anni per pagare i debiti di quel periodo. Sono tornato un mese dopo per dire addio, non ci sono riuscito. Non riuscivo nemmeno stare seduto in veranda, era troppo difficile. Stavolta è un addio a lungo annunciato, erano quasi due anni che ci pensavo, ma adesso, che sono qui, nudo come un paguro e trafelato per una consegna di lavoro, mi sembra impossibile che accada davvero. Mara ha ragione, sono uno “stanziale inconscio” e compulsivo. Casa nuova, a Bologna, è molto bella, e mi attendono persone cui voglio molto bene. Ed una fase nuova della vita. Mi scrive Barbara e ammonisce di non avere paura, ma un trasloco in più non fa nulla. Lasciare Roma è un sollievo. Mi pesò 30 anni fa, quando Adriana ed io lasciammo la casa di Via Framura, Valentina non aveva nemmeno un anno. Allora portai con me una famiglia già profondamente in crisi. Stavolta, invece, il calore di alcuni legami così forti da far tremare i polsi. Altri che potrebbero diventarlo, per cui la distanza, credo, faccia solo bene. Non ho tempo di invecchiare, devo dimagrire. Via verso nuove avventure. Più veloci della luce, come diceva Nembo Kid.

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