Intanto in Gambia ha vinto l’opposizione di Adama Barrow, e l’ex presidente Jammeh, calmando i bollenti spiriti dei suoi cani, ha accettato la sconfitta. Mi rendo conto che per gli italiani questo appaia come una cosa lontanissima ed insignificante, invece è una svolta epocale. Ora ci vorrà del tempo per capire cosa sia accaduto realmente, ma con Jammeh non scompare dalla scena politica (ammesso che scompaia) un feroce dittatore, ma anche e soprattutto un mediatore nelle più complesse controversie in seno ad altri Paesi africani. In ogni caso il neo-presidente Barrow non toccherà nulla dell’impianto statale e dell’economia controllata da sciiti e dall’ex dittatore. Immagino ci sia stato un accordo. Visto che ci avviciniamo ad elezioni di portata storica in Angola ed in altri Paesi chiave del Continente, questo è un segnale che spero di essere in grado di comprendere e di spiegare, prima di tutto a me stesso. In Mozambico il FRELIMO di Guebuza aveva vinto nonostante (o forse grazie) al ritiro dell’ex presidente. In Zimbabwe Mugabe si regge con la violenza, la gente vuole votare. in Rwanda Kagame regna in una situazione di assoluto e vero sostegno popolare – ma pochi chilometri più in là, in Uganda, in Kenya, in Burundi, siamo quasi alla guerra civile. Spero sia l’onda lunga del Sudafrica, che in agosto ha visto l’ANC, partito corrotto e violento, sconfitto da Alleanza Democratica, un partito guidato da un nero ma sostenuto dai bianchi. Lo so, sono un ingenuo, ma io credo nell’Africa. Credo molto di più nell’Africa, che in questa Europa che affonda – e fortuna che oggi in Austria le presidenziali ci hanno evitato un altro nazista al potere…

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