Stasera, 39 anni fa, guardavo la TV con mio padre, e tacevamo entrambi. La mattina, Aldo Moro era stato trovato morto nella Renault R4 a pochi metri dalla sede del PCI di Via delle Botteghe Oscure e della DC, a Piazza del Gesù. Pensammo tutti che la scelta del luogo fosse altamente simbolica, per dare uno schiaffo a quei due partiti che, nelle ultime settimane di libertà di Moro, e sotto la sua guida, stavano per dare vita ad un governo di solidarietà nazionale – un governo con la corresponsabilità di tutti per affrontare l’ennesima crisi economica, ma anche la profonda crisi politica generata dagli Anni di Piombo e dalla contrapposizione violenta tra Stato e gioventù, tra Stati Uniti e tentativi italiani di guadagnare una sovranità mai completa, nemmeno prima della guerra. Negli anni successivi abbiamo infuso (giustamente) tanta energia nel cercare di capire chi abbia veramente rapito ed ucciso Moro. Paola Pentimella è uno dei giornalisti che ha dedicato più attenzione e tenacia, in questi anni, nel seguire lo sviluppo delle inchieste della magistratura e le controinchieste indipendenti, ed ancora oggi ci spiega tutta una serie di novità che, per la milionesima volta, rimettono in discussione punti chiave della vicenda. Ho conosciuto personalmente Alvaro Baragiola Lojacono, che fu tra coloro che spararono alla scorta in Via Mario Fani. A parte l’ovvia reticenza e la necessità, che lui avverte, di spiegare quel fatto, mi sembra che nemmeno lui sappia esattamente chi decise cosa, e quali furono le dinamiche del rapimento e dell’assassinio di Moro. Non rinnego nulla, nemmeno io. Come cantava Gaber: “Io se fossi Dio vorrei dire che Aldo Moro, insieme a tutta la Democrazia Cristiana, è il responsabile maggiore di 40 anni di cancrena italiana”. Allora ritenni che il PCI, che stava pe superare la DC alle elezioni, tradì il suo elettorato. Aggiungo che ritenni che non avesse senso, da parte delle BR, sabotare l’entrata del PCI al governo. Quello era un lavoro che avrebbero dovuto fare i fascisti, i filoamericani, i massoni. Ed infatti, come hanno spiegato i processi, furono proprio costoro a farlo, ed i militanti delle le BR furono in parte i pazzi e sciocchi esecutori di un disegno assurdo. A guidare il governo di solidarietà nazionale fu il massone piduista Bettino Craxi. A guidare l’Italia negli anni che seguirono furono Ciampi, che cancellò l’industria italiana, e poi Prodi e Berlusconi – due massoni, uno dei quali piduista. La nemesi. Però oggi non posso più essere ingenuo come allora. Oggi devo essere onesto, prima di tutto con me stesso. L’esecuzione di Aldo Moro è stata la sanzione del divieto – all’Italia – di proseguire sulla strada ella crescita economica, diplomatica e politica. Con l’uccisione di Moro si avvertì chi doveva capire, che il patto implicito sottoscritto da DC e PCI alla fine del 1946 era oramai scoperto e dichiarato inaccettabile. I due partiti avevano guidato il Paese in palese concordia e concertazione, riuscendo a mantenere uno straordinario equilibrio con le imponenti pressioni straniere. Se non ci fosse stato il PCI di Berlinguer, saremmo magari finiti come la Jugoslavia. Se non ci fosse stata la DC di Andreotti, saremmo magari finiti come il Cile. Se non ci fossero stati IRI ed ENI, saremmo finiti come la Grecia o il Venezuela. Ma nel nuovo ordine, deciso dopo la fine del capitalismo industriale del 1973, l’Italia non era più centrale e la sua crescita non era più tollerata. Per me, oggi, ricordare la morte di Aldo Moro, significa ricordare con dolore la data della fine dell’ultima, terribile e segreta guerra di indipendenza italiana. Che abbiamo perso, come è sotto gli occhi di tutti, da quando DC e PCI si sono fusi, rendendo esplicito ciò che sarebbe dovuto rimanere segreto, per poter funzionare. Da noi la democrazia è sempre stata una burla, come negli Stati Uniti. Ma, almeno, da noi si moriva di meno, e si era più ricchi e felici. Prima. Adesso basta.

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