La Festa del Primo Maggio ha una storia di circa 150 anni che non ho voglia di ripetere. Una storia controversa, che ne ha cancellata la natura, così come Babbo Natale e tutto il carrozzone consumistico legato alla sera del 24 dicembre hanno fatto passare in secondo piano il fatto che in quella data si commemori la nascita di colui che, secondo i credenti cristiani, venne a salvarci dall’Inferno. Vale solo ricordare come l’uomo politico europeo che più ferocemente avversò la nascita di questa celebrazione dei lavoratori fu il Cancelliere tedesco Bismarck – ovvero il teorico degli Stati Nazionali, così come sono stati fino alla fine del capitalismo industriale, nel 1973. O, se preferite, fino al momento in cui, in seguito alla crisi del 1973, Unione Sovietica e Stati Uniti sono stati costretti a mettere la parola fine alla pagliacciata della Guerra Fredda ed a cercare, insieme, una soluzione al mutamento degli eventi storici e commerciali del Pianeta. Difatti, il Primo Maggio, se hai mai avuto un senso, è stato quello della festa della presa di consapevolezza di sé stesso del proletariato – ovvero di quelle donne e quegli uomini, uniti dal destino di lavorare come dipendenti per vivere, in un mondo industriale in cui la manodopera era la chiave per rafforzare il potere economico e politico delle famiglie dominanti. A partire dal primo sciopero dell’era industriale, nel 1832, i lavoratori hanno capito che avrebbero potuto ottenere dei risultati astenendosi dal lavoro, mettendo quindi in crisi gli interessi del padronato. Più l’importanza della manodopera è cresciuta, più è aumentato il potere contrattuale del proletariato. Per evitare la crescita di potere del proletariato, chi domina ha scelto sempre la stessa strada, fino al 1990: o ha trattato dei miglioramenti di trattamento dei lavoratori, o ha usato la repressione, spesso accompagnata da una violenza sufficiente per spaventare la massa. Nel secondo dopoguerra, i Paesi dell’est europeo hanno accompagnato la proibizione dello sciopero (e la sua repressione) con la baggianata propagandistica che sosteneva che l’URSS ed i Paesi del ComEcon fossero una dittatura del proletariato, e che il Partito Comunista fosse al potere in nome e per conto del proletariato stesso. Almeno, in Germania est, la violenta repressione della dissidenza era stata accompagnata dall’aumento spettacolare di servizi resi dal Welfare, e dal fatto che la forbice tra ricchi e poveri praticamente non ci fosse. I capi del Partito guadagnavano solo il 10% in più dell’ultimo dei lavoratori alla catena di montaggio. All’ovest la lotta per l’emancipazione e la consapevolezza del proletariato è stata annientata con i seguenti mezzi: a) attraverso la concertazione con i sindacati, i cui leader sono stati quasi sempre “comprati”, e che certamente non lavorano come coloro che ufficialmente rappresentano: fanno parte del ceto dei burocrati, che esisteva già da oltre un migliaio d’anni, che è fedele, per tradizione, a chi comanda, e disprezza chi sta in basso. Sicché in sindacati hanno o tradito la loro missione (come in Germana), o hanno avanzato pretese assurde (come in Francia ed in Italia), o sono stati resi una sorta di burocrazia di Stato (come negli USA); b) attraverso il progresso scientifico, che man mano ha reso irrilevante la forza lavoro; c) con decenni di propaganda sull’individualismo capitalista, che ha fatto credere che uno, da solo, ce la possa fare, ma tutti insieme facciano solo casino. Negli anni 70, in preda ad un delirio a metà tra il senso di onnipotenza e la pura demenza, i sindacati italiani sostenevano che la scala mobile (il criterio per l’aumento dei salari) fosse una variabile indipendente dell’economia. Oggi siamo al punto in cui i salariati stessi sono divenuti una variabile indipendente dell’economia. Non c’è più bisogno di loro. C’è bisogno che la gente abbia soldi in tasca per poter comprare i prodotti dell’industria, altrimenti non solo il proletariato, ma l’intera razza umana (tranne pochissime eccezioni) è divenita superflua e fastidiosa per chi ci guida. Per questo motivo la maggior parte dei posti di lavoro consumano ricchezza, invece di produrla. Per questo motivo, spesso, se parte uno sciopero, il padrone è contento, perché riduce le spese. Il Caso Alitalia mostra come l’unica preoccupazione per il governo sia la rabbia dei votanti. Se Alitalia chiudesse, sarebbe mille volte meglio. L’azienda, in sé, non ha nessuno motivo per sopravvivere, è solo un peso per l’economia italiana. Per questo motivo il salario di cittadinanza diventa un’opzione ragionevole e sempre più probabile: vi paghiamo, a patto che smettiate di rompere i coglioni e non pretendiate di lavorare. State a casa, consumate, state zitti e buoni. La stessa democrazia, che venne rinsaldata dal patto implicito tra proletariato e imprenditori, ha perso di significato. Pensare che noi oggi si possa chiedere ai Paesi del Terzo Mondo di applicare un simulacro di democrazia in assenza esplicita di qualsivoglia Patto Sociale, è demoniaco, oltre che inefficiente. Noi non possiamo esportare democrazia negli altri Paesi, mentre la soffochiamo in casa nostra. Il nostro è puro colonialismo. Ed il prezzo è l’assalto di onde migratorie, che non fanno che indebolire ulteriormente il potere contrattuale dei cittadini dell’Occidente. Che fare, allora? Direi: smettere di festeggiare il Primo Maggio come si fa con il Natale, solo per avere tre giorni di ponte per andare al mare e per ascoltare un concerto patetico di gente ridicola. Dopodiché ragionare veramente sulla possibilità di creare una consapevolezza diffusa, a livello globale, tra gli esseri umani che dividono lo stesso destino e la stessa debolezza. Noi schiavi. E cercare di capire se esiste un punto del sistema di potere nel quale, senza autodistruggerci, si possa trovare il fulcro per azionare la leva per ricreare le condizioni necessarie per una democrazia futura, e per gli ideali di fratellanza, uguaglianza e libertà dell’utopia illuminista. Non so ancora quale sia, ma su una cosa scommetto a occhi chiusi: non sarà il lavoro. Il proletariato è morto, come il capitalismo industriale e gli Stati Nazionali. Chi continua a credere a queste sciocchezze, resterà per sempre impigliato tra renzismo, grillismo, salvinismo. Modi antiquati e noiosi di suicidarsi.
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