In questi mesi ho citato più volte “Il rinvio” di Jean-Paul Sartre. Se fossi capace, oggi riscriverei quel libro, ambientandolo però in questi anni. Continuando nell’esercizio autodistruttivo di cercare di capire l’operazione di castrazione dell’economia italiana che Calenda e Padoan chiamano gergalmente (e con un gusto tutto loro per l’umorismo macabro) la “Manovrina”, mi sono convinto di una cosa: i dati ufficiali non dicono la verità sulla gravità della situazione. Alcuni dati. Nel 2013 le dieci più grandi aziende italiane per fatturato erano ENI (114 miliardi), FIAT (86 miliardi); ENEL (78 miliardi), Generali (62 miliardi), UniCredit e Telecom (23 miliardi ciascuna), Unipol (18 miliardi), Finmeccanica ed Intesa Sanpaolo (16 miliardi ciascuna) ed Edison (12 miliardi). Tre anni dopo, FIAT e Generali hanno lasciato l’Italia, Unipol è crollata e non è più nemmeno tra le prime 30, le banche sono entrambe scese a 6 miliardi, solo cinque aziende raggiungono i 10 miliardi di fatturato. L’industria sta scomparendo. Sono stati persi 3 milioni di posti di lavoro. Ma non è tutto. I dati relativi alle banche, ad ENEL, a Telecom ed a Finmeccanica (rinominata in Leonardo) non sono credibili. La quantità di debiti non pagati mette in serio dubbio la liquidità effettiva di queste aziende. Se si inseriscono in classifica i dati delle controllate italiane delle multinazionali straniere, alcune di queste (Unilever, Shell, TotalErg, Nestlé, Volkswagen) entrerebbero nei primi dieci posti. Tutto si regge sempre e soltanto grazie al fatto che generazioni di italiani hanno risparmiato tanto, tantissimo, e che il nostro debito pubblico è ancora garantito dai depositi bancari. Ma se questi depositi non si tramutano in energia circolante, l’economia collassa, ed il governo, grazie alla “manovrina”, ma anche a misure assurde come i 600 milioni di Euro promessi ad Alitalia per sopravvivere fino alle elezioni ed esplodere un minuto dopo, lavora per accelerare il collasso, cercando di cedere i pochi assets rimasti. Non per rilanciare l’economia, ma per nascondere un po’ più a lungo il disastro dei conti. Matteo Renzi è colpevole di raccontare bugie e di agire come se nulla fosse. ma il disastro è nato nel 1992, quando il Primo Ministro era Carlo Azeglio Ciampi, e da poco era stato smembrato l’ultimo governo Andreotti. A giugno di quell’anno venne svenduto alla Goldman Sachs il patrimonio immobiliare dell’ENI (grazie, Professor Monti, che voleva fare il bis, sempre in favore del suo storico datore di lavoro, pochi anni fa), poi venne cancellato l’agroalimentare italiano, poi le telecomunicazioni, poi i patrimoni di garanzia delle banche e delle assicurazioni, poi l’industria pesante e quella tecnologica. In 25 anni l’Italia è stata completamente distrutta. E per 25 anni nessuna forza politica, e sottolineo NESSUNA, si è opposta a questo disegno. Per giunta, oggi, di questo non parla nessuno. La maggioranza lo tace, nell’opposizione nessuno ha la competenza o l’intelligenza per saperlo e capirlo. Quando dite che la colpa è dell’Unione Europea o degli immigrati, è come se un fumatore accanito, che ha il cancro ai polmoni, desse la colpa della sua malattia alle pastarelle del bar sotto casa. Non so più come ripeterlo, mi sembra di gridare in un deserto brulicante di gente che parla una lingua incomprensibile e gode della crescente velocità del treno che va contro il muro.
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