In quei pomeriggio di luglio del 1967, Reggie e Bernie sedevano intorno ad un pianoforte del Northwood Hills Hotel di Watford, e scrivevano canzoni. Bernie portava ad ogni appuntamento una decina di testi, Reggie ci improvvisava sopra. Se funzionava, Reggie scriveva le note. A fine mese mandavano testi e spartiti a Los Angeles, alla sede della Liberty Records, che li aveva “sotto contratto” come autori. L’accordo era che li avrebbero pagati se e quando qualcosa di loro sarebbe stato registrato e venduto da qualcuno degli artisti della Liberty. Questa apparteneva ad una compagnia di assicurazioni, che aveva ereditato l’etichetta (con tutto il catalogo), che negli anni 50 aveva avuto alcuni successi nel jazz e nel rock’n’roll d’oltre Manica, ad un’asta fallimentare. Reggie aveva 20 anni, Bernie 17, ed andava ancora a scuola. Cinquanta anni fa nessuno avrebbe scommesso un centesimo su di loro, ed infatti nessuno lo fece. La Liberty propose le loro cabzoni a cani e porci, finché nel gennaio del 1968 una band londinese di nessun valore, i Plastic Penny, registrò “Turn to me” come singolo. Dick James, che stava fondando la sua DJM, dopo aver litigato con Bruce Epstein ed aver deciso che ne aveva abbastanza di lavorare con degli adolescenti irritanti come i Beatles, ascoltò la canzone e fece un paio di domande in giro. Andò a sentire Reggie a Watford, che suonava alcune delle canzoni scritte con Bernie. Solo Reggie, il chitarrista Caleb Quaye, ed ogni tanto qualcuno al basso – Reggie e Caleb avevano una cover band chiamata Bluesology. “I’ve been loving you”, e “Lady Samantha”, le prime canzoni. Poi “Empty sky” ed un primo, meraviglioso e rozzo album, che nessuno conosce. Ma Dick James aveva la gente gusta. Gus Dudgeon, e poi i musicisti che avevano lavorato con Steve Winwood nel disciolto Spencer Davis Group. Ed ecco “Your song”, e poi un successo immane, sconfinato, travolgente, senza uguali. Era nato Elton John. Ma prima di arrivare fin lì il piccolo Reggie, che aveva studiato piano fin da quando aveva tre anni ed aveva fatto la più dura delle gavette, per giunta ossessionato dalla sessuofobia della gente che aveva intorno (lui omosessuale, suo padre invece fiero ufficiale della RAF, pilota di caccia in guerra). Dite ciò che vi pare. Se vedo oggi Elton Jon sul palco faccio fatica a non offendermi per il livello scadente di tutto. Ma allora, 50 anni fa, Reggie e Bernie erano belli, puliti, ed in dieci anni scrissero decine e decine di canzoni stupende, indimenticabili, intelligenti e complesse. Peccato che le abbia suonate Elton John. Basta sentire “Levon” cantata da Bon Jovi per capire che qualunque cover sarebbe stata meglio degli originali. Ma non mi importa. Un affettuoso abbraccio a quei due ragazzi, che stavano compiendo un miracolo, soli contro tutti i numeri della lotteria, vincendo con l’unico numero su cui nessuno avrebbe mai puntato: se stessi.
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