Guccini cantava: “Io solo, qui, alle quattro del mattino, l’angoscia e un po’ di vino, voglia di bestemmiare”. Non bevo vino, non bestemmio, la mia angoscia è generalmente compiaciuto autovittimismo, ma per Giove, preferirei dormire. Il mio lavoro mi regala davvero tantissime soddisfazioni ed un’agiatezza che non avevo mai conosciuto prima, Ma in queste notti di noiose analisi e correzioni, come diceva Gaber, “Mi fa male il mondo”. Oggi una persona a me cara mi ha detto che ci sono tantissime persone, che guadagnano denaro grazie a me, ma che sparlano e ridono dietro le mie spalle. Prima, queste cose facevano male. Ma adesso so bene dove io stia andando, non importa se gli altri capiscono o condividono, e so anche che a volte si dicono cattiverie per debolezza. Non importa nemmeno se, per abbondanza, io a volte (o spesso) venga derubato. La mia nuova solitudine, fatta dell’accettazione dei miei limiti, ma anche del mio immenso e salvifico snobismo, è destinata a durare fino all’ultimo fiato. Sicché non scriverò “ma se io avessi previsto tutto questo”, ma andrò a letto e ricorderò. Sognerò una bellissima donna, che nella vita reale non avrò mai, e che invece nei sogni mi tiene compagnia e mi dice le cose che nessuno mi hai mai detto prima. Spesso mi spiega, mi mente, poi si impappina, si contraddice, è sempre piena di ansia e paura. Tranne che in quelle ore di sogni, in cui cala la quiete e si gonfia quella parte del cuore che resta vera e segreta. Così si accresce quell’immane patrimonio di ricordi, esperienze, cose capite e viste, canzoni e righe, che contraddistingue me come tutti, ciascuno di noi. E mi vengono in mente tantissime persone che, ora, potrei abbracciare, ricambiato. Come diceva Gaber, faccio parte di quella razza che crede che si possa essere davvero felici se lo sono tutte le persone che si hanno intorno. Questo sarebbe un compito impossibile per un Dio, figuriamoci per un ciccione narciso come me. Così ringrazio la notte, mia figlia, la stanchezza, il mio lavoro, la mia fantasmagorica famiglia, i miei affetti veri, e soprattutto quella donna, che non lo saprà mai, ma è l’unica che mi abbia mai reso completo ed armonioso. Ma di lei ho già cantato, eccome… “Fa che gli sia dolce anche la pioggia nelle scarpe”, disse De Gregori. Quelle rosse, obbligatoriamente.

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