Ho appena visto, per la prima volta in lingua italiana, “Der Baader Meinhof Komplex”, che è stato tradotto in “La Banda Baader Meinhof”. Lo trasmetteva, anche se ad un’ora assurda, RAI2. Il film è tratto da un libro del giornalista Stefan Aust, una delle firme più prestigiose di “Der Spiegel”. Un giornalista certamente non di sinistra, ma un giornalista vero. Ciò che viene raccontato non è un romanzo, ma è quanto è VERAMENTE accaduto, per quanto dicano atti e documenti a disposizione – compresi i diari dei componenti della RAF chiusi nel carcere di Stammheim. Purtroppo il film, per passare la censura, è stato reso possibilista. Se Ulrike Meinhof è stata chiaramente assassinata dai servizi tedeschi, sulla notte del 18 ottobre del 1977 il film (contrariamente al libro) lascia il beneficio del dubbio. Prima cosa. Non sono dalla parte della RAF. Ho conosciuto personalmente alcuni di loro, quando, insieme alla WochenZeitung, organizzammo a Zurigo una conferenza tra loro e le BR. Ufficialmente, non in segreto. Non mi piacque la loro arroganza, il loro sentirsi eroi. Non sono dalla parte della RAF e delle BR per un motivo politico, per un motivo etico, e per un motivo filosofico. Sono contro la violenza, e se per cambiare la struttura del potere bisogna uccidere, sono contrario a farlo. Se si uccide, questo atto rappresenta la sconfitta di qualunque piano di rivoluzione politica e sociale che punti al “bene comune” e ad un’organizzazione democratica, perché ammazzare non è democratico (il che dimostra che nemmeno quella in cui viviamo è una vera democrazia, ma su questo tornerò). Le RAF sono state uno strumento politico e filosofico della reazione. Hanno giustificato la violenza di Stato. Hanno sbagliato tutto. La storia dimostra che nessun gruppo di rivoluzionari può esistere senza il sostegno di organizzazioni criminali, oppure dei servizi segreti deviati dello Stato. Sia la RAF che le BR sono stati usati per un obiettivo politico di estrema destra. Hanno sbagliato in tutti i sensi – questo è ciò che penso, ciò in cui fermamente credo. Queste considerazioni, però, non mi mettono al sicuro dal fatto che lo Stato, per sua stessa concezione e struttura, potrebbe in ogni momento decidere di uccidere me. Il capo della Confindustria, Hans Martin Schleyer, che la RAF aveva rapito, per usarlo come ostaggio e merce di scambio per ottenere la liberazione dei capi della Baader Meinhof, era un ex ufficiale delle SS. Aveva servito a Praga, dove era tra i responsabili dell’arresto, deportazione e fucilazione degli oppositori del nazismo, era responsabile dell’arresto e deportazione nei campi di sterminio degli ebrei, e di altre piacevolezze simili. Dopo la guerra fece tre anni nelle galere della zona controllata dai Francesi, poi venne assunto dalla Daimler-Benz ed iniziò una carriera velocissima, sostenuta (ovviamente) dalla CDU. Siegfried Buback (ucciso dalla RAF), procuratore federale e rappresentante dell’accusa nel processo contro la Baader-Meinhof, era egli stesso un ex ufficiale nazista, seppure di grado meno elevato di Schleyer. Lo Stato usa degli aguzzini, corresponsabili della morte di milioni di persone e della tortura di altrettante vittime in tutta l’Europa, come rappresentanti del suo potere, e punisce, uccidendolo, un cane sciolto. Quando Andreas Baader venne arrestato (grazie all’aiuto di un infiltrato della Polizia), aveva appiccato il fuoco ad un supermercato, in cui nessuno si fece male (non lo sto giustificando, sto solo facendo il paragone tra le colpe di Schleyer e quelle di Baader). Scappato dalla galera, Baader ed il suo gruppo di amici venne allenato da Al-Fatah, in Giordania. Al ritorno in Germania, in quella che è nota come offensiva del Maggio 1972, una serie di attentati costò la vita a quattro persone. A questo punto venne arrestato e condannato all’ergastolo in primo grado. Ma c’era qualcosa che non quadrava, tant’è vero che la Corte d’Appello chiese che venisse ripetuto il processo. Quando il gruppo Baader Meinhof venne assassinato in prigione, costoro stavano scontando il quinto anno consecutivo (in isolamento) di carcere preventivo. Eppure per la verità ufficiale, loro sono gli aguzzini, e coloro che li tennero lì (molte ex SS, molti estremisti di destra, militanti nella Polizia o nella giustizia federale) le vittime. Nella notte di quel 17 ottobre, Andreas Baader fece mettere a verbale di essere profondamente contrario alle azioni violente delle nuove generazioni della RAF, perché colpivano gente comune, quindi in gran parte proletari inermi ed innocenti. Il futuro dimostrò che aveva ragione. E mise a verbale che era la procura federale (e quindi la politica) a volere dei pazzi esaltati per strada, pronti a tutto. Gudrun Ensslin, ad un prete, disse: stanotte ci ammazzeranno. Ulrike Meinhof l’aveva detto al processo, il 9 maggio dell’anno prima, la notte prima che fosse lei a morire: lo Stato non ha scelta, o riesce a farci chiedere perdono ed a farci tradire dei compagni, o ci deve uccidere al più presto. Non ho idea di come devono essersi sentiti, ognuno chiuso nella propria cella, in quell’ultima notte, sapendo (il dirottamento di un aereo Lufthansa era fallito ed il rapimento Schleyer si era chiuso con l’assassinio del politico nazista e democristiano) che li avrebbero ammazzati. Sapendo che tutto ciò che avevano fatto era stato invano. Sapendo (come scrissero) di aver commesso gravissimi errori di calcolo. Sapendo che loro avrebbero pagato per sancire una volta per tutte la continuità dello Stato nazista in quello apparentemente democratico della Repubblica Federale Tedesca. Sapendo che i loro nomi sarebbero stati fango. Sapendo di morire. Sono un uomo romantico, ma non vedo nulla di eroico in tutto ciò. Io avrei gridato disperatamente, ma soprattutto non avrei mai potuto trovarmi in quella situazione, perché non ero e non sono d’accordo con quella strada, e credo che la politica sia dialogo, non sopraffazione. Ma la colpa più grande è questa. Fino al 1948 è stata usata proprio la sopraffazione per costruire degli Stati Nazionali sulle macerie della Seconda Guerra Mondiale. Tra quel momento e l’esplosione della rabbia giovanile sono passati SOLO venti anni. Nulla. Un alito di vento. Ciò che ai loro fratelli maggiori era stato permesso, a loro venne proibito. E quella stagione servì ad insegnare a tutti che i nuovi poteri erano pronti a tutto, che erano dotati di un cinismo superiore a quello nazista, che avevano il supporto della popolazione (perché avevano creato e distribuito ricchezza), e che non avrebbero permesso a nessuno di alzare la testa. Tutto questo dovrebbe farci pensare. Non che la RAF o le BR avessero ragione, ma che lo Stato ha sempre avuto torto. Questo bisogna saperlo sempre. Il contratto sociale, in cui ho sempre creduto con ferocia, è stato tradito. La lotta armata ha rafforzato e reso accettabile questo tradimento. Ed ora siamo alla frutta, e non sappiamo più come opporci, e per ottenere cosa.

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