Si è sparato. Si è sparato perché anche con la nuova protesi si era accorto che riusciva ad usare solo otto dita per suonare le tastiere. Leggendo le migliaia di righe che oggi il mondo scrive su di lui, capisco però che aveva iniziato a morire vent’anni fa, quando Elinor lo aveva lasciato. Keith Emerson, il più grande tastierista della storia del rock, è morto ieri a 72 anni a Santa Monica – nulla di più lontano al mondo dalle colline inglesi in cui era nato, in cui aveva scoperto il suo amore per il piano ed in cui aveva scritto le cose più incredibili ed indimenticabili della sua carriera. Ho di fronte a me l’interno della copertina di “Trilogy”, fatta nel bosco dietro casa sua, e mi chiedo quanto sia necessario ad un cuore come il suo per morire di inevitabilità. Per sottrazione. Voi non capite: quest’uomo, che è stato sulla vetta del mondo, per la sua Elinor aveva comprato la tenuta di James M Barrie, l’autore di Peter Pan, spendendo per loro i milioni di una carriera fortunatissima, e pensando di fermare il tempo ha perso tutto. Lei, lui l’aveva conosciuta a 19 anni e sposata a 25. Non ha mai avuto un’altra donna, se non la musica. Vent’anni fa lei gli ha portato via sé stessa, la casa, Peter Pan. E la vita, un poco alla volta, gli ha portato via anche le dita. Quanto all’importanza di Keith Emerson, superiore anche a quella di Rick Wakeman, se non ne sapete nulla, vi dico che lui è stato il ponte che ha unito la musica classica moderna (Stravinskiy, Caijkowski, Mahler, Ginastera, Copland, Bernstein, Mussorgski) alla musica rock. Aveva una band (i Nice prima, gli Emerson Lake & Palmer poi) senza chitarrista. Non ne aveva bisogno. Le sue partiture fanno paura a tutti, eppure in ogni sua composizione nuotano decine di singole melodie, distribuite generosamente in un modo che da noi solo la PFM ed il Banco hanno mai saputo immaginare – ed infatti Keith Emerson era un grandissimo fan di queste due band e pagò fior di quattrini di tasca propria per farle emergere al di là dei confini italiani. Per imparare a capirlo dovete ascoltarlo con pazienza attraverso sterminate praterie di suoni elettronici e battaglie campali tra navi interstellari emerse da un incubo gotico, dai sogni di un bambino che pensa continuamente a Capitan Uncino, dalle mani di uno stregone posseduto dalla sua stessa magia. Si è sparato, come ho detto, e non posso che rispettare questa decisione. Quest’anno, però, per noi che abbiamo un cuore profondo come il cuore dell’universo e percepiamo la melodia dei pianeti, sta diventando davvero troppo duro. Io davvero non ce la faccio più. State facendo morire anche noi, un briciolo alla volta, per sottrazione. Oramai ho paura a pensare al nome di chiunque sia insostituibile, come se io possa sostituirmi a Fabio Fazio come Maramaldo dell’anima. Scusatemi il pathos. E se ce la fate, cercate di ascoltare i contrappunti e le altre incredibili invenzioni di Keith, quando amava ancora la vita.

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