Potrebbero apparire questioni diverse: il voto in Francia, la conclusione della conferenza mondiale sul clima, la riunione alla Leopolda, le proteste di coloro che hanno perso tutto (o molto) nel crack di alcune banche regionali italiane. Invece si tratta della stessa questione: da un lato il sistema finanziario continua a tentare di gestire con sempre più difficoltà la crisi irreversibile dell’ennesima bolla finanziaria, che era stata costruita per pagare i costi di quella precedente; dall’altro il sistema politico cerca di restaurare la credibilità del sistema nazionalista bismarckiano (senza peraltro mai parlare chiaro) perché a nessuno viene in mente cos’altro si possa fare; infine il sistema mediatico (che oggi è un sottosistema del circo equestre) cerca di restituire buon umore, di placare tutti con le loro fisime, entusiasmi e grettezze, e di convincere tutti ad usare i soldi messi da parte in generazioni di prudenza, in modo da rifinanziare, almeno in parte, la bolla finanziaria morente. In un sistema veramente democratico non importa chi vinca le elezioni, perché il sistema e le sue regole sono più forti dei singoli partiti, ed il consenso popolare va prima di tutto al sistema, non alle sue componenti. In questo senso le elezioni francesi sono irrilevanti. In una prospettiva più generale, invece, sono veramente interessanti: il Presidente Hollande, tramite gli attentati di Parigi, aveva premuto l’acceleratore sui temi di una resuscitata coscienza bismarckiana, ma ha ottenuto che la rabbia della popolazione portasse un mare di voti alla destra chauvinista. Sicché, di fronte all’evidenza dei fatti, Hollande ha mostrato in pubblico, per la prima volta, che socialisti e destra non sono altro che due correnti della stessa fazione politica. Credo che per chi legge le mie righe ciò sia tutto fuorché una sorpresa. Si tratta della stessa fazione perché si tratta di forze che hanno da tempo esaurito la loro spinta propulsiva ideale e non sono mai riuscite ad affrontare la crisi del capitalismo né nel quotidiano né in prospettiva con un minimo di efficienza. Queste forze hanno fatto credere ai cittadino che, se ciascuno si fa i fatti propri, delega completamente le proprie responsabilità, crede (o fa finta di credere) alle favolette dello “storytelling” che ha sostituito l’informazione, tutto andrà bene. La gestione delle bolle speculative è quindi invisibile per il cittadino comune, che investe cifre pazzesche in strumenti finanziari della Cassa Rurale del Giardinetto di Casa Ferracci e nel Banco della Curva a Destra dopo la Panoramica e poi si stupisce del fatto che i suoi soldi sono scomparsi e grida all’ingiustizia – pretendendo che la sua dabbenaggine venga pagata dai soldi che tutti gli altri pagano (se non possono evitarlo) con le tasse. Quello stesso cittadino, spaventato dal fondamentalismo islamico e dalla paura dei poveri, ha capito solo una cosa: non importa quanto le cose gli vadano male, è ancora un privilegiato e deve difendersi (anche con la violenza) contro chi sta sotto, non solo contro chi sta sopra. Quindi vota “contro la casta” finché si scherza, ma quando poi la signora Le Pen è ad un passo da una vittoria oceanica, cambia idea e vota il Partito Unico dell’Inefficienza. Giudicare ciò non è solo inutile, è dannoso, perché ci porta sempre più lontani da una possibile soluzione. L’idea della Leopolda avrebbero potuto essere un’idea vincente: cerchiamo insieme, al di fuori della politica, di trovare un minimo comune multiplo ideale. Ma oramai anche questo strumento è divenuto un concerto dal vivo di una serie di cantanti di livello sanremese, ovvero penoso. Sicché nessuno parla della conferenza sul clima, che ha accettato un aumento della temperatura globale di 1,5° come una vittoria storica – che poi, signore e signori miei, ma chi diavolo ci crede a queste fanfaluche? Nessuno parla dell’appassionato discorso dei cinesi, che si chiedono, spalle al muro, cosa sia peggio: inquinare a paletta o accettare di sprofondare in una spaventosa recessione economica, che tirerebbe con se anche tutti noi? Per intanto facciamo i regali di Natale, sosteniamo economicamente i nostri figli, o li vediamo abbandonare il nostro Paese in cerca di fortuna. Ci felicitiamo della militarizzazione di alcuni quartieri, che ci danno la sensazione di essere difesi nella nostra guerra contro i poveri, ed assistiamo inebetiti alle immagini che passano a velocità assurda sugli schermi della TV. Ve la ricordate la parola “massificazione”? Ebbene, io me la ricordo, e vorrei combatterla. Ricominciamo dai nostri Comuni, abroghiamo le amministrazioni intermedie, cerchiamo insieme un’alternativa alla religione del capitalismo morente. Impariamo a scegliere per amore, e non per odio, frustrazione, opportunismo o panico.

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