– Sono stato al Palladium a vedere “Aldo Morto” di Daniele Timpano in compagnia di Claudio Di Loreto ed Enrica Maria Modugno. Ne sono uscito gravemente sconcertato, profondamente deluso e seriamente preoccupato. Cominciamo con le cose positive. Daniele Timpano non è un attore, recita sé stesso, ma con estrema cura. In alcuni momenti ciò è lezioso, in altri momenti imbarazzante, in altri estremamente vero e credibile. Dato che io in confronto sono solo un lustrascarpe, mi permetto di ammirare la sua capacità di creare un personaggio da un dilettantismo combattuto con la cura, la ponderazione, l’accanimento. La costruzione dello spettacolo é interessante, il rapimento Moro viene visto da diverse prospettive, alcune molto interessanti. Il tentativo di essere fazioso nell’equidistanza è in parte riuscito ed è la cosa forse più riuscita, proprio perché è la più costruita e meno spontanea. Il gigionismo del “io sono nato nel 1974″ e quindi il chiamarsi fuori dalla generazione degli anni di piombo in sé e per sé è fastidioso, ma importante, perché aprirebbe una serie di possibilità che gente come me non ha, perché ha troppa poca distanza dai fatti. Quando Timpano dice giustamente che la verità rivelata sul rapimento è la tesi peraltro poco credibile dei quattro brigatisti condannati, dice una cosa importante. Quando Timpano fà un confronto fra il bisogno di violenza dei brigatisti e la rabbia che proviamo noi oggi di fronte a Berlusconi, Monti, Bossi, Fini… ma anche Bersani, la sua rabbia e disperazione paiono per un attimo vere. Ma poi tutto viene trascinato in una burletta dozzinale con barzellette sui carabinieri, giochi di parole alla Checco Zalone, posa da Bagaglino di Pippo Franco, con un pubblico volgare e piuttosto superficiale che ride sguaiatamente per cose che in me suscitano imbarazzo e pena. Timpano usa la simbologia di quegli anni per metterla nel ridicolo, ma lo fà usando appunto l’umorismo presunto di Johnny Groove, roba da far accapponare la pelle. Si vede che alcune cose che cita non le ha capite, ma la scusa è sempre “io sono nato nel 1974″ e quindi gli è permesso tutto. Se questa è la rilettura degli Anni di Piombo fatta da chi oggi ha fra i 30 ed i 40 anni, allora la mia generazione non solo ha sbagliato tutto (lo sapevo già), non solo ha la proibizione di invecchiare (non si può lasciare a questi bambini la gestione del mondo), ma viene colta da un malore di cultura. Mi sono sentito vecchio. Matusa, come si diceva una volta. Non mi sono sentito rappresentato – ed in questo Timpano secondo me è riuscito in un’oprazione voluta. Ma la cosa grave é che Timpano mi ha fatto tenerezza, ed il suo pubblico paura. Forse ho sbagliato tutto. Forse non devo recitare in teatro in Italia, devo tornare a casa, in Germania, dove queste cose si facevano 30 anni fa. Tornando a casa dalla Garbatella a piedi ed in metropolitana ho sentito, fortissima, la voglia di andarmene al più presto da Roma.

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