Oggi, quaranta anni fa, in uno scontro a fuoco con la Polizia, moriva Walter Alasia, un ragazzetto di Sesto San Giovanni, 20 anni, trascinando con sé Sergio Bazzega e Vittorio Padovani, due ufficiali di Polizia. Lo ricordo perché fu la mattina dopo, leggendo “Paese Sera”, che per la prima compresi che non si stesse più scherzando, e non ci fosse nulla di eroico, in ciò che stava accadendo. Pochi mesi prima, il 7 aprile, non lontano da casa mia, il militante di Autonomia Operaia Mario Salvi venne ammazzato dall’agente Domenico Velluto. Un omicidio vero e proprio. Mario non lo conoscevo personalmente, ma sapevo chi fosse, Primavalle a quei tempi era un villaggio e non un quartiere. Ricordo cosa pensassi, ricordo cosa credessi di credere, ricordo il bisogno di verità, ma soprattutto la voglia di appartenere a qualcosa più grande di me, e la confusione nel brancolare tra mille sigle una più a sinistra dell’altra, in diversificazioni che mi sembravano irrilevanti – ed in parte lo erano. La mia invidia nei confronti di amici più grandi di pochi anni, che suonavano Crosby Stills Nash & Young, “Contessa” e parlavano di lotta di classe e proletariato con una sicumera che adoravo. Ricordo del mio sentirmi inadeguato di fronte ad alcuni compagni di classe, politicamente più impegnati, e ricordo che compravo di nascosto “Lotta Continua” e poi gigioneggiavo per casa con le pagine de “Il Male”. Ricordo la prima ed ultima volta che ho preso una manganellata ed ho finto di essere svenuto, ma fece talmente male, che forse svenni davvero – io che sono sempre stato un fifone, e che insieme ad un gruppetto di scapestrati capelloni attaccai i poliziotti all’Arco di Costantino che sparavano fumogeni contro l’uscita della metro “Colosseo”, temendo le botte di mio padre, non una pallottola, che pure avrebbe potuto esserci. Ricordo una cioccolata con la torta alla latteria dietro Piazza Farnese, ed una donna incredibile al tavolo accanto al mio, che stava zitta e guardava trasognata, con degli occhi profondi e stupendi, e Pietro mi disse di non guardarla, che era Barbara Balzerani. Non lo sapevo, ma era il capo della Colonna Romana delle Brigate Rosse. Dieci anni dopo uccise il Sindaco di Firenze, Lando Conti, che conoscevo di vista ed avevo sentito parlare diverse volte. Un uomo gentile ed intelligente. Ricordo pure altre cose che sono accadute prima, durante e dopo, fino a pochi giorni fa. Non sono più piccolo, confuso e non vivo più in un mondo di ovatta… ma conosco e conoscevo alcune persone, e non lo rinnego. C’ero a Zurigo, nel 1997, tra gli organizzatori di una settimana di colloqui tra i leader delle Brigate Rosse e della Rote Armee Fraktion, e ne sono fiero. Una volta Francesco C. mi disse: il modo migliore per conoscere qualcuno che vive nascosto, è cercarlo facendolo sapere a tutti, magari parlarne come se già lo conoscessi. Verranno a prenderti dal mondo parallelo per capire se sei un coglione, se sei uno sbirro, e per capire se sei pericoloso. Ed è stato così. Venne Aldo Anghessa, su cui scrivere un libro non basterebbe, e vennero altri, di cui è meglio tacere. Decisero che ero un coglione, giustamente. Ma su certe cose avevo ragione io: l’infiltrazione dei servizi segreti portò una manipolazione completa del terrorismo di destra e di sinistra. Non voglio offendere nessuno, ma se non fosse stato per i tanti morti ammazzati, gli Anni di Piombo sarebbero stati una cosa ridicola. Ed i libri di Roberto Costantini mi mettono in grande imbarazzo, davvero in grande imbarazzo. I genitori di Walter Alasia erano operai. Le Brigate Rosse, al nord, entravano ed uscivano dalle fabbriche, perché gli operai avevano capito che il PCI li aveva illusi e poi abbandonati. Al suo funerale parlò un operaio della Magneti Marelli, un’altra fabbrica in cui le BR avevano preso il posto del PCI, perché erano più credibili. Non vi aspettate un giudizio, da me. Avevano tutti ragione, ed avevano tutti torto. Lo Stato era assassino. Giorgiana Masi, i morti di Reggio Emilia, tutto ciò che sapete. E poi c’erano i massacri fatti da fuori: la strage di Bologna su tutte, ma anche Piazza Fontana, l’Italicus, Ustica… Sinceramente speravo che li prendessero e li ammazzassero lentamente, facendoli soffrire, fascisti ed americani di merda. Oggi sono certo che uccidere sia sempre sbagliato. Sempre. Se ti va bene hai fatto del male a tantissima gente che nemmeno conosci, e soffrirà per sempre, se ti va male hai una coscienza e non supererai mai la cazzata che hai fatto e come ti ha cambiato. Walter Alasia sparò al polpaccio del giovane democristiano Massimo De Carolis, e per questo ha pagato con la vita. Se l’avessero preso avrebbe passato la parte più importante della sua vita in galera. La cosa più dolorosa, e che di tutto questo non se ne può parlare. Oreste, Alvaro, altre persone che ho conosciuto, mi coprirebbero di insulti, per loro le cose non sono mai cambiate. Per avere diritto a parlare bisognerebbe poter dimostrare di aver fatto questo o quello, di aver conosciuto questo o quello, di condividere l’idea di credere una versione di fatti che, secondo me e tanti processi giudiziari, è solo una bugia consolatoria. Con voi nemmeno. Certe cose non si possono tradire. Circa un mese fa mi è stato chiesto un favore. Per la prima volta non l’ho fatto, ed ora sono certo che tante persone mi hanno tolto il saluto e mi considerano uno schifoso. Nel mio rimuginare piccolo borghese, sono riuscito a parlarne solo con una persona, a me molto cara, anche se giovanissima. Ha ascoltato e basta, mi ha detto di chiudere e lasciarmi alle spalle un passato che non è solo una terra straniera, come dice Carofiglio, ma addirittura un dedalo di terre sovrapposte e cangianti, mai sicure. Ma una cosa, VERA, ve la dico. E la canto sempre, quando posso, quando sono sul palco. Noi eravamo bambini, e ci siamo fatti fregare come dei cretini. Cretini, supponenti, pasciuti, pieni di noi, ignoranti, infantili, entusiasti, convessi, frustrati, manipolati, intriganti, bisognosi di amore ed attenzione, figure medievali che credevano ad eroi, draghi e principesse da salvare. Oggi Sara mi ha ricordato che la politica è sangue e merda. Lei stessa non sa quanto ciò sia vero. Quanto la mancanza di consapevolezza della sua generazione sia al contempo una benedizione ed un ostacolo insormontabile per la loro emancipazione ed il raggiungimento dell’età adulta. Come noi allora, questi ragazzi hanno in testa coordinate sbagliate, e poi si accorgono che la loro vita, in quella geografia, non funziona. I più fortunati di noi, invece, sanno di più, perché ne hanno combinate di tutti i colori, e se la sono cavata vendendo il culo, chinando la testa, prendendo tante botte, drogandoci di qualunque cosa senza mai raggiungere l’estasi. Compagno Walter Alasia, temo tu sia morto per niente. E nel tuo nome le BR di Milano hanno compiuto crimini orrendi. Quanto al “compagno” Paolo Fusi (“la parola compagno non so chi te l’ha data, ma in fondo ti sta bene, tanto è squalificata”), non è mai esistito. L’ho sognato, perché volevo essere di più. L’ho evitato, perché avevo paura. Per questo oggi mi sento altrettanto sconfitto e colpevole di coloro che sono caduti, e non ci vedo nulla di eroico, nelle BR. Negli Anni di Piombo abbiamo portato a compimento il compromesso osceno tra DC e PCI, siamo stati il silicone sigillante di un patto demoniaco che ha cancellato una democrazia incerta, traballante e continuamente minacciata, in una oligarchia volgare e disumana, guidata da gentaglia come Massimo D’Alema, Romano Prodi, Francesco Rutelli, Silvio Berlusconi, e che oggi ha prodotto la follia pura, il protonazismo deamicisiano e delirante di Alessandro Di Battista. Qualcuno credeva di essere comunista, e forse era qualcosa d’altro. Giorgio, dove sei? Ho paura, fa freddo, sono solo. Parlami, ti prego. Dove siete? Dove siete andati tutti? Davvero tocca a me, ora? Tocca a noi? Siamo noi a dover ora uscire dalle tane e cercare la verità? Giorgio, io sono piccolo, piccolo di fronte all’orrore ed alla burocrazia, che è il carattere attraverso il quale si riconosce il regime, la dittatura, il tradimento dell’umanità. Sono così poco. Così tremendamente poco. Ma la mia rabbia cresce di pari passo con la comprensione, la consapevolezza, l’indignazione. Non sono compagno, Walter Alasia, non ho mai guadagnato questa medaglia sul campo. Ma sono un cittadino. E non dimentico nulla, non rinnego le contraddizioni, che sono il lievito che fa crescere il pane della democrazia. Sangue e merda. Con quel lievito ne faremmo pane, se volessimo, altro che Grillini e PD.

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