È morto Sidney Rotalinti. Forse non avete mai sentito questo nome. Ebbene, Sidney è stato probabilmente il più grande giornalista d’inchiesta ticinese, ovvero di una terra in cui le istituzioni, la polizia, la finanza e la politica camminano a braccetto con il crimine organizzato, quando non sono esse stesse crimine organizzato. Sidney è stato una grande giornalista, un uomo generoso, un amico, una vittima. Una vittima, perché lui non è morto ieri in Puglia, come scrivono i giornali, ma è morto oltre 20 anni fa, quando la radiotelevisione ticinese lo costrinse a seguire le sagre della castagna e le fiere dello gnocco. Lui, che aveva osato affrontare da solo un sistema in cui alla testa della Procura della repubblica c’erano stati, l’una dietro l’altra, tre personalità criminali pericolosissime, che molti di noi considerano tra i mandanti (o coloro che hanno coperto i mandanti) di tantissimi fatti di sangue della Svizzera Italiana. Sidney ha cominciato a morire quando lo presero quasi sull’occhio con un bullone sparato con una fionda – e naturalmente non c’erano colpevoli. Quando ci fu il Massacro della Stampa, ovvero l’evasione organizzata di alcuni detenuti “scomodi” che vennero attesi dalla Polizia, che gli evasi consideravano “amica”, due curve dopo il carcere – e tutti crivellati di pallottole. Sidney smise di scrivere quando i fiduciari con più pasticci iniziarono a “suicidarsi” come mosche, ed i procuratori che chiudevano le indagini con un nulla di fatto ottenevano posti dirigenziali nelle banche. Sidney cercò di scrivere una rivista tutta sua, ma oramai era circondato, ed era malinconico, non si fidava più di nessuno. Per la generazione mia, di Frank Garbely, di Gian Trepp, di Matteo Cheda, dei coraggiosi editori di “Rosso”, per tanti Ticinesi di cui non mi sento, per pudore, di fare il nome, Sidney Rotalinti è stato colui che insegnato il dubbio, il coraggio, la tenacia, la tigna, la contraddizione. Ora c’è chi dirà che a volte si è sbagliato. Possibile. Ma in un Paese in cui la verità è bandita per consuetudine e la risposta dello Stato, se si tenta di capire il vero, è violenza pura ed indiscriminata, io me ne frego se Sidney ha fatto mai degli errori. Abbiamo passato insieme delle cose orribili di cui non oso parlare. Ma se lui non ce l’ha fatta, vi chiedo scusa, la colpa è di chi gestisce il potere in Ticino. Non dei Ticinesi, che sono un’enorme insalata, come i Romani, i Madrileni, i Londinesi, i Berlinesi, i Malacchi, insomma tutti. Il potere dei Landvogti, che non è stato debellato, è un macigno sul cuore del Ticino che pensa, che ha passioni, sogni, speranze, che non si accontenta dei rutti della Lega, del PLRT, del PPD, dei socialisti di maniera. Perché in ognuno di quei partiti ho conosciuto gente per bene, ma anche tante schifezze. La morte di Sidney, che piango come quella di un fratello, è un pezzo del Ticino e della mia vita, che ho amato e che scompare. Le grandi persone sono al di là degli errori che possono aver commesso. Sidney era una grandissima persona, e stanotte lo piango con il dolore terribile dei ricordi, di ciò che non abbiamo fatto, di ciò che non siamo stati capaci di fare.

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