– Davide Giacalone sviluppa quello che oramai diventerà la questione centrale del dibattito politico vero: “Il vuoto politico ha generato un mostro, consistente nel credere che l’unica possibile scelta, nel prossimo futuro, consista nell’adottare una qualche coniugazione del montismo oppure abbandonarsi all’irrazionalità della protesta, il cui unico sbocco consiste nella tragedia. Il vuoto d’idee ha portato i tre partiti della maggioranza governativa (Pdl, Pd e Udc) a pretendere d’essere alternativi, senza, però, avere proposte alternative. La disperazione, infine, spinge a supporre che se si sfanga una maggioranza, capace di fermare l’emorragia protestataria, all’indomani si può creare una convergenza di governo, costruita nel segno del vincolo esterno, degli obblighi monetari e delle lettere ricevute dalla Bce e dalla Commissione europea. Strade che portano alla perdizione. Il governo Monti, la cui natura istituzionale è legittima, mentre quella politica è commissariale, nasce non per scelta di una missione originale, ma per implosione e fallimento di chi aveva vinto le precedenti elezioni. Il programma, appunto, era ed è dato dal vincolo esterno. E’ evidente che chiunque vada a governare, da qui in poi, non potrà sottrarsi a quel vincolo. Non perché le forze oscure della reazione in agguato hanno tolto autonomia alla democrazia italiana, bensì perché l’avere troppo a lungo ignorato la realtà e fatto pernacchie alla razionalità, l’avere sbeffeggiato quei vincoli ci ha condotti nel pieno della crisi sommando le debolezze interne a quelle dell’euro e dell’Unione monetaria. E’ questa la ragione per cui l’Italia, uno dei Paesi più ricchi e potenti dell’area più ricca del mondo, nonché Paese con encomiabile disciplina di bilancio, si ritrova esposta ai dardi della speculazione assai più di chi, recentemente, s’è comportato peggio. Il montismo è una pezza, insomma. Non ha senso rinnegarla, ma neanche stabilizzarla. Le sfide principali sono due: recuperare produttività e abbattere il debito. Ma è non solo sciocco, bensì anche pericoloso supporre che ci sia un solo modo per farlo. Se le forze politiche parlassero di cose, anziché scansarle usando parole vuote, si vedrebbero sia le differenze che le alternative. Abbattere il debito si può farlo sia riducendo il patrimonio pubblico che tassando quello privato, che non solo non è la stessa cosa, ma, per molti aspetti, sono cose opposte. Si può sperare di recuperare produttività sottraendo ulteriormente risorse ai privati per mettere lo Stato (in una delle sue voraci incarnazioni) nelle condizioni d’investire, oppure si può supporre che detassando e deburocratizzando, ovvero restituendo ricchezza e libertà, gli esseri umani si lancino alla conquista del benessere. Sono cose opposte, con la prima che mi sembra pura illusione. Attenti: è un errore dividere le visioni del mondo secondo categorie ideologiche, non si tratta di fondare sette, ma di costruire politiche e, credo, la mano pubblica ha abbondantemente dimostrato, in questa fase della storia, d’essere fallace e predatrice. Lasciamola riposare per un po’. Si può credere che vendere beni pubblici sia un male o una soluzione, come si può supporre che in un’economia dei servizi quel che deve essere restituito al mercato non solo è il patrimonio sottoutilizzato e sottovalutato dello Stato, ma anche intere funzioni amministrative e organizzative, i cui costi sono cresciuti in parallelo al diminuire dell’efficienza e della soddisfazione dei clienti. Insomma, supporre che il montismo sia l’unica alternativa al ribellismo inconsulto equivale ad avere un’idea contabile della politica. Un’idea che, già di suo, giustifica e alimenta il ribellismo. In quanto alle grandi coalizioni, va osservato che programmarle prima delle elezioni equivale a considerare inutile il voto e i votanti, sicché non ci si meravigli se questi ultimi s’acconciano a considerare inutili quelli che chiedono i voti. Va invertito il procedimento: ciascuno prenda impegni, specie sul terreno istituzionale, che siano condivisi e percorribili (governo governante, cancellazione delle sovrapposizioni istituzionali, no all’assemblearismo che umilia il parlamentarismo, giustizia funzionante e separazione delle carriere, riordino della scuola e meritocrazia, buona anche nel mercato), anche in un tempo superiore a questa legislatura, quindi prometta di essere coerente e di collaborare con chi ci sta e starà. Senza inutili steccati. Ma guai a credere che ci sia una ricetta unica, quindi un’unica versione politica. Perché così la politica s’inabissa e lascia spazio alla peggiore politica, che coniuga populismo e tecnicismo, mandando in malora la democrazia”.

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