– Il rallentamento significativo dell’economia cinese, la crisi tragica di quella russa e di quella giapponese, la pausa vissuta da Paesi che hanno tirato per anni come il Brasile, l’Angola e l’India, dimostrano che la cosiddetta crisi globale sia un gorgo che inghiotte tutti, gli uni dopo gli altri. Quando, due anni fa, avevo scritto che quella dello shale gas sarebbe stata una rivoluzione politica prima ancora di una nuova fase della storia dei mercati delle commodities, molti mi avevano accusato di cartomanzia. Il che non vuol dire che io abbia ragione con i miei ragionamenti – si trattava piuttosto di una intuizione, e con le intuizioni si scrivono post più o meno noiosi su Facebook, ma non si fa politica su scala globale. Ma vuol dire piuttosto che TUTTI gli analisti dell’economia globalizzata, che poi se ci fate caso sono tutti bancari o fiduciari, sbagliano SEMPRE. Lo fanno perché considerano il capitalismo immanente ed autosufficiente. Applicano le teorie del marxismo economico (non ce ne sono altre che non siano ampiamente sbugiardate) ma sono liberisti superstiziosi e stizzosi – e devono in qualche modo credere che il rilancio del mercato dei derivati possa risolvere una crisi che non è industriale, non è finanziaria, ma è strutturale e redistributiva. Questa frase apparentemente complessa dev’essere compresa fino in fondo. I soldi sono una convenzione, non esistono in natura. Quando apparvero in un sistema coerente di interscambi commerciali, dopo la Scoperta dell’America, furono la chiave per costruire una società borghese, postmonarchica, libera, aperta all’egualitarismo ed alla solidarietà. I soldi in se non sono “cattivi”. Se gli Stati si accordassero su questo, basterebbe stamparne tanti e saremmo tutti felici e contenti. Ma non è così. Il sistema liberistico arricchisce in modo osceno chi già ha troppi soldi. Questo “chi” non è un gruppo di persone cattive ed egoiste, ma sistemi di concentrazione del capitale finanziario apparente che, per evitare di implodere, acquistano e distruggono unità produttive, l’una dopo l’altra: persone, aziende, banche, nazioni. Bloccare costoro si deve, ma non si sa come, se non contravvenendo ad un sistema di gestione del potere politico, del tutto autoreferenziale, che Mark Twain aveva già descritto in modo mirabile in “L’età dell’oro”, circa 150 anni fa. Nella speranza idiota e suicida di far ripartire il capitalismo industriale dopo una fase bellica di distruzione di massa, gli Stati Uniti ed i suoi maggiori accoliti (noi europei, i Paesi arabi, la Russia e la Cina) continuano a giocare col fuoco, come bimbi che cerchino di capire fino a che punto possano spingersi senza far esplodere casa. Cosa possiamo fare noi piccoli insetti? Imparare ad usare la stessa macchina per fermarla. Detto così sembra poco più di un proverbio. Ieri ho iniziato a proporre alcune iniziative locali. Quella più importante, a mio parere, è prevedere degli incontri tra esperti non controllati da ideologie o hedge funds che siano disposti, didatticamente e criticamente, a spiegare, smontare, analizzare, ricercare possibili soluzioni. Direte: ma ci sono MILIONI di conferenze barbose ogni giorno. Vero. Quindi devo continuare a pensare e cercare una formula che possa funzionare. Nel frattempo Mario Staderini, che è un amico ed una persona che ammiro, ricorda RomaSìMuove. Ci penso spesso, perché fu una stagione divertente nella quale mi senti di partecipare a qualcosa di giusto e di utile. Vediamo.

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