Il Comandante Marko non c’era, quindi niente marijuana nel nasiluvio. Peccato, sarà per domani. Cibi clamorosi: pappetta di rospo color salmone con asparagi millenari e profumo di lavanda. Crepes di colla da muratore con salsa di sudore di nonna abruzzese. Una delizia. Capirete perché non mi venga mai fame… Verena va a prendere le mie medicine e mi guarda sorridendo come se avesse appena portato una pagella piena di dieci. Le do un bacino, i suoi colleghi gracchiano “vi lasciamo soli”, ma davvero ha riempito di allegria le mie giornate e mi dispiace che sabato venga rinviata al mittente. Oggi, durante il trattamento, finalmente la terapeuta ha deciso di far risuonare una musica diversa dal solito. Finora solo estratti dall’album decuplo “Ding” di Rajiv Mannadjakitemmuortaresh Singh, o al limite dal suo album live “Dong”: bicchierini a scontro su mistici vasi da notte del Sikkim picchiettati con una monetina tibetana sul cosmico sottosfondo di stormi di colibrì neri (come esuli pensieri) impazzano su maree di garofani rossi e cinguettano minchianti alla Dea della Fertilità. Basta indiani spaccapallici, finalmente ascoltiamo corposi estratti da “La siesta del micio” del famoso compositore sanmarinese Cesare Franchini Tassini, opera angosciosa basata sull’omonima poesia di Corrado Govoni, oppure il “Meditativo” di Massimiliano Messieri (youtube.com/watch?v=OeTZW0rVNMY), il Beethoven del Monte Titano, l’uomo che diede na pista a tutti, da Brian Eno a Peppino De Capri. Poche note delle loro intense opere e capirete perché, durante il trattamento, si arriva ad avere crampi muscolari, crisi di isteria, voglia di gianduiotti ed ascolti epitometici delle opere di Umberto Marzotto (youtube.com/watch?v=k24KOZaVWc). Nella mia avventura al quarto piano, raccontavo ieri, ho scoperto l’esistenza di una terrazza al terzo piano dotata di ombrelloni, sdraio e piscina. Data la giornata di sole mi spiaggio là fuori con il mio trikini (reggipetto, mutanda tattica e cappello a falde larghe) a godere del tepore solare. Ci sono ospiti in bikini e donne coraggiose in monokini (specie fra le nuove reclute). Ma le più alluppicanti sono naturalmente le signore piemontesi, che sfoggiano mise raccapriccianti e, nel momento topico in cui i turisti stranieri sfilano di fronte all’Hotel, si svelano in un nokini che farebbe paura a Sharon Stone giovane. Diabbolik gira su se stessa a si ammira estasiata. Solo la fattucchiera napoletana rinuncia allo spogliarello. Non riesco a commentare. Ancora una volta mi viene in mente il concetto burocratico di “diversamente belle”, ma devo dire che sono pieno di ammirazione per loro. Io mi vergogno del mio corpo, mentre loro gettano ciò che resta del loro sex-appeal nella battaglia del rituale d’accoppiamento. Finora nessuno ha scalato il muro per venire a vedere il bluff (come diceva Fabrizio De André apostrofando le signore che scappano di fronte al gorilla arrapato), ma secondo me alcune persone si piazzano nel bar di fronte, ogni mattina, aspettano il lieto evento e scattano foto. Durante la notte sono salito nuovamente al quarto piano. Sono entrato nella stanza buia che fa da anticamera per la sala del mistero, stavolta ho con me il cellulare per illuminarmi la strada. Ma la stanza era illuminata e c’era qualcuno dentro che stava armeggiando con la macchina. Almeno tre persone, a giudicare dalle voci, non ho avuto il coraggio di entrare dentro, ovviamente. La macchina fa sempre quel suo rumore di ventola, e da fuori si sente un odore leggerissimo di bruciato. Quando sento qualcuno armeggiare alla serratura della porta chiusa esco sul pianerottolo e spengo il cellulare, così sono invisibile al buio. Dietro si intravede un corridoio illuminato malamente. Un uomo in divisa spinge un carrello, e su di esso ci sono dei pacchi enormi che da lontano sembrano di carta. Bussa, entra, chiude la porta dietro di se. Pochi minuti dopo esce con il carrello vuoto. Guardo l’ora: sono le tre del mattino. La macchina continua a marciare ed a puzzare leggermente di tela bruciata. Nessuno parla più, si sente in sottofondo una radiolina a volume bassissimo. Uno degli uomini esce dalla sala del mistero. Anche lui è in divisa, un omone che certamente nel suo tempo libero trucida ippopotami a cazzotti. Fuma. Da dentro uno grida: Daniele, smetti con quella sigaretta! Lui fa ruotare gli occhi e, in qualche modo, mi sembra che mi veda. Scappo giù per le scale e dopo pochi attimi sento che qualcuno mi sta seguendo. Così non si va avanti. Domattina affronterò Verena, qualcuno deve dirmi la verità.

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