Per chi non avesse capito in cosa consiste lo scandalo montante chiamato dei “Panama Papers”, si tratta di 240mila dossier di clienti della fiduciaria panamense Mossack y Fonseca che sono stati duplicati da un hacker, da una qualche organizzazione (politica o finanziaria) o da un dipendente, e sono stati inviati a ICIJ, che è una grandissima ed indipendente associazione di giornalisti investigativi, cui aderiscono anche molte delle migliori penne italiane. Ciò che è uscito fino ad oggi è nulla in confronto alle informazioni contenute nel materiale in mano a ICIJ. Per ognuno dei 240mila clienti ci sono quantità inenarrabili di documenti contabili, lettere, contratti. Ci sono nomi sconosciuti, ma che si scoprirà essere la copertura per personaggi o aziende famosissimi. Per analizzare quel materiale ci vorranno decenni, oppure una squadra immane di giornalisti ed un sistema efficiente di consultazione – ed è esattamente ciò che si sta cercando di fare. L’annuncio dato ai giornali in questi giorni serve quindi per ottenere aiuti ed anche qualche soldino per permettere questa immensa ricerca. Dal punto di vista del giornalismo si tratta di un colpo senza precedenti. In un mondo in cui, se non pubblichi acriticamente un comunicato stampa (di cui sai che è pieno di menzogne), rischi seriamente di finire in Tribunale e di perdere il lavoro, si tratta di un’occasione unica. In un giornalismo in cui se usi due subordinate ti cancellano il pezzo, e scrivi più di due nomi ti cacciano via, i 240mila dossier di materiale innegabile, certo, incontrovertibile, sono una rivoluzione. Essendo per giunta ICIJ un’organizzazione veramente indipendente (nessuno l’aveva mai presa sul serio finora), c’è da essere sicuri che i giornalisti impegnati in questa avventura daranno il meglio di sé stessi e ne vedremo delle belle – anzi, bruttissime. Ma questa considerazione non basta, bisogna andare più a fondo. Mossack y Fonseca è un’azienda importante del settore offshore, e Panama è una giurisdizione usata da moltissime persone per evadere il fisco o nascondere profitti illeciti. Di queste giurisdizioni ne esistono a decine. Solo all’interno dell’Unione Europea ce ne sono alcune con un segreto praticamente inespugnabile (Andorra, Vaticano), altre che hanno imparato a fingere la trasparenza (San Marino, Lussemburgo, Aaland, Isola di Man, Jersey, Monaco, Guernsey, Madeira, Irlanda), ma alla fin fine, se si è imparato il meccanismo, non c’è più bisogno di portare i soldi in posti esotici o da fiduciari oscuri (che spesso ti rubano una parte dei soldi che avevi rubato), basta andare ad un qualunque sportello di qualunque banca a Roma, Berlino, Parigi, Madrid, Londra, Amsterdam, Bruxelles. Insomma dove volete, oramai in ogni luogo è possibile organizzarsi decentemente. Ciò nonostante, Mossack y Fonseca è una delle dodici grandi fiduciarie panamensi, che a loro volta fanno parte di una rete in cui lavorano grandissime fiduciarie americane, inglesi, francesi, svizzere, liechtensteinesi, turche, cinesi, vietnamite, arabe degli Emirati, sudafricane, spagnole, portoghesi, angolane, ognuna con il suo pozzo di clienti. Non ho alcuna idea di quanti siano i clienti di queste fiduciarie, ma non mi stupirebbe se si trattasse di decine di milioni. Mossack y Fonseca è un indirizzo “di lusso”, a la page, molto richiesto, e per questo motivo i dossier pullulano di nomi famosissimi. Ma basta andare a San Marino, ottenere in qualche modo i dossier della fu Banca del Titano, per far perdere i capelli a due terzi del Parlamento italiano, un terzo dei politici comunali e regionali, una quantità significativa di imprenditori e commercianti del nostro Paese. Non voglio nemmeno accennare al problema morale, che è una questione inadeguata a spiegare e capire il meccanismo. La cifra spostata dal mercato dell’illegalità finanziaria è superiore a quella del Prodotto Interno Lordo non solo dell’Italia, ma probabilmente dell’intera Unione Europea. Quei soldi non scompaiono, ma vengono rimessi in circolo, insomma spesi. Vengono spesi in un’economia parallela che sfugge al controllo fiscale e, quindi, in una situazione in cui il plusvalore è morto, vengono sottratti alla redistribuzione che serve a tenere buona la gente che non ha più nulla – né un lavoro, né una pensione decente, né una prospettiva. In questo sistema lavorano decine di migliaia di persone (solo nelle fiduciarie). Ma se si contano i dipartimenti delle banche che sono impegnati in queste attività, si arriva a cifre di capogiro. Se il sistema finisse, ci sarebbe un collasso finanziario. Perché quelle cifre vengono lo stesso “tassate”. Non dagli Stati Nazionali, che con il consenso della politica hanno esaurito la loro funzione, ma dal settore finanziario, che viaggia di bolla speculativa in bolla speculativa, di terremoto in terremoto, ed ha costantemente bisogno di iniezioni di capitali freschi. Quei capitali che oggi (in massa sufficiente ai bisogni) arrivano solo dal crimine organizzato, dalla corruzione o dall’evasione fiscale. Dobbiamo quindi dire che la scoperta dei 240mila dossier sia inutile? Non lo sappiamo, dipende cosa succederà ora. Se verrà banalizzata, allora sarà inutile a tutti, tranne a chi ha mosso questa importante operazione, e che ha come scopo quasi certamente di influenzare il voto per le elezioni presidenziali americane di quest’autunno. Guardate le ultime dichiarazioni sull’economia e sulla finanza di Donald Trump ed Hillary Clinton e vi verranno di colpo tante idee giammai strampalate. Ma ne parleremo più tardi, che questo post è già lunghissimo…

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