Oggi, 73 anni fa, Benito Mussolini annunciava la nascita della Repubblica Sociale Italiana (RSI), detta anche Repubblica di Salò, dal nome dell’omonimo Paesino sulla riva bresciana del Lago di Garda, che allora aveva circa 5mila abitanti, ed oggi più o meno il doppio. Mi occupo di questo argomento dopo essere stato stimolato da un amico, che sosteneva come la RSI fosse stato il primo tentativo di imporre una costituzione anti-monarchica all’Italia, nata come una costola della Francia dopo il Congresso di Vienna (1815) e quindi assegnata alla famiglia dei Duchi di Savoia (una regione francese ad Ovest del Piemonte) e da sempre un Regno. Mi interessa poco, in questa sede, ribadire che si trattasse di uno Stato fantoccio. Serviva solo per giustificare la partecipazione di soldati italiani (sotto forma di Polizia) alle battute di caccia contro i partigiani, dato che non aveva esercito, alla sua nascita rivendicava l’intera Italia, ma arrivava a stento fino alla Campania, retrocedendo di settimana in settimana, aveva una piccola burocrazia (mischiata da austriaci ed italiani, e quindi presente solo nelle Provincie tradizionalmente austroungariche come Bolzano, Trento, Verona, Treviso, Belluno, il Friuli e l’Istria) che usava il tedesco come lingua paritaria all’italiano, non aveva un sistema economico. Ed ecco il punto chiave. Scappando da Roma, le SS di Kappler avevano svuotato le casse della Banca d’Italia e rapinato diverse banche locali, mettendo insieme circa tre miliardi di lire in denaro liquido e in oro. Nel Sud d’Italia giravano già le Am-Lire, essendo crollato il sistema bancario, mentre nella RSI si pagava in Reichskredit Kassenscheine (RKK) – ovvero certificati di debito nei confronti della Reichbank tedesca, il cui valore era pari a zero, a meno che non si commerciasse direttamente con i tedeschi. Domenico Pellegrini Gianpietro, economista campano vicino a Beneduce (e quindi al progetto IRI, che salvò l’Italia dopo la crisi del 1919), cercò disperatamente di reintrodurre una divisa credibile, ma fu poi costretto a dividere il bottino tra: a) le banche svizzere (come la SBT Società Bancaria Ticinese dei fratelli Ghiringhelli e le banche maggiori come il Credito Svizzero, la Società di Banca Svizzera e la Banca Popolare Svizzera) nei quali i gerarchi e le famiglie patrizie del Nord-Italia avevano i loro conti segreti; b) i servizi segreti tedeschi (quindi Licio Gelli ed il suo compare Otto Skorzeny), che insieme ai banchieri del fondamentalismo arabo (come la famiglia Nada, la famiglia Himmat, la famiglia Ayaskan etc) preparò e finanziò il Progetto Odessa, grazie al quale il ministro Gianpietro e la maggior parte dei gerarchi tedeschi ed italiani fuggirono in Libia, in Marocco, in Argentina, in Uruguay ed in altri Paesi dell’America Latina; c) le spese quotidiane della RSI, che ha avuto come compito principale armare le truppe che davano la caccia ai partigiani (sto semplificando in modo quasi oltraggioso) e quindi pagare (ai tedeschi) cibo, benzina, pezzi di ricambio, armi, pallottole. In cambio le forze di occupazione tedesche ritirarono i RKK e si riprese ad usare il baratto (circa l’87,8% delle transazioni fra privati) o queste lire fittizie, usate sapendo fin dall’inizio che ben presto i tedeschi si sarebbero ritirati al di là delle Alpi e la RSI sarebbe crollata. Ma nemmeno questo mi riguarda, in questo contesto. Voglio capire se esistesse una Costituzione e cosa dicesse, scoprendo magari che contenesse cose moderne e sorprendenti. Ebbene, la RSI non ha mai avuto una Costituzione. Pavoletti ed altri scrissero un documento programmatico, chiamato Manifesto di Verona, che non venne mai ratificato, perché non venne mai eletto un Parlamento. Questo venne letto in pubblico a fine novembre 1943, ma mai reso realtà. Cosa conteneva? La fine della monarchia, certo, sostituita dal monopartitismo e da Mussolini, che sarebbe rimasto il Capo dello Stato vita natural durante. La proibizione e la persecuzione della religione ebraica. L’obbligo ad aderire ai Sindacati ed alle Corporazioni (mai accaduto). L’esproprio del latifondo ed una rivoluzione in senso comunista dell’industria, che sarebbe dovuta appartenere agli operai (mai accaduto). Ma la questione chiave è che nel Manifesto di Verona si dice chiaramente che lo scopo unico della RSI è sostenere il Terzo Reich nel conflitto mondiale. La Costituzione, qualora fosse stata approvata e ratificata, sarebbe rimasta in vigore solo fin quando la Germania avesse continuato la Guerra. La Magistratura, che veniva definita come “indipendente dal potere politico”, era sottoposta (per legge) al potere militare – quindi ai tedeschi. La RSI divenne necessaria dopo la firma del Trattato di Cassibile (il 3 settembre 1943, anche se il popolo lo venne a sapere l’8 settembre) e cessò di esistere, senza nemmeno un annuncio ufficiale, il 25 aprile 1945. Non venne sciolta, perché giuridicamente non esisteva. Non aveva una Costituzione. Non aveva un’economia, non aveva un sistema educativo, non aveva un esercito, non aveva un sistema sanitario, non aveva una vera burocrazia, non aveva una giustizia. Si è trattato di una convenzione che doveva reggere fin quando chi poteva si divise i soldi rubati a Roma e nascosti in Svizzera (con i quali in buona parte si finanziò nel Dopoguerra la nascita dell’industria in Lombardia ed in Veneto), per poi scappare il più lontano possibile. Nessun giudizio, erano tempi terribili. Leggete i meravigliosi romanzi di Ben Pastor e ne saprete molto di più, per giunta appassionandovi. Ma fate attenzione: nel tentativo compulsivo di recuperare un’immagine efficiente del fascismo, si cerca ora di trasformare la RSI in qualcosa che non era – e molte persone ingenue ci potrebbero credere.

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