Immagino che conosciate i problemi che colpiscono attualmente l’industria automobilistica tedesca e che ben presto potrebbero colpire anche le marche francesi, giapponesi, coreane. Si tratta di una truffa commessa ai danni degli acquirenti di auto, cui sono state raccontate fandonie sui sistemi di riduzione dell’inquinamento. Da qui sono nati procedimenti che costano centinaia di miliardi. Molte persone credono ghignando che in questo modo vengano colpiti i cattivoni che stanno al potere, quelli misteriosi e inumani. In parte ciò è persino vero. Ma il problema reale e sostanziale è che verranno colpiti tutti, e non indiscriminatamente. I guai stanno iniziando solo ora, mesi dopo la scoperta delle inchieste delle autorità degli Stati Uniti ed il terremoto ai vertici della Volkswagen e delle altre fabbriche. Il vero problema è che con la politica di outsourcing globale, oggi gran parte dei pezzi delle auto vengono costruiti altrove, da fabbriche indipendenti, che lavorano con margini minimi di guadagno, e che vengono messe in ginocchio da quanto sta accadendo, perché ovviamente Volkswagen e le altre marche “spostano” i costi del disastro riducendo il più possibile le uscite, diminuendo le commesse – e quindi salvando i dipendenti propri, prima di quelli delle aziende dell’indotto. In Germania la Prevent, che fornisce sedili e parti del motore della Polo e di altri modelli di successo, ha fatto causa alla Volkswagen ed ha sospeso le forniture. La Volkswagen quindi non è in grado, nel breve periodo, di completare i veicoli in catena di montaggio. Quindi non li può vendere, quindi minaccia di licenziare 28mila persone. Il ministro socialdemocratico Sigmar Gabriel (un uomo che considero di scarsissimo spessore, e che ha fatto carriera in modo davvero oscuro come responsabile dei parties della dirigenza del partito ai tempi di Gerhard Schröder) si sta arrampicando sugli specchi, ma una soluzione non esiste. Nessuna soluzione, intendo, che salvi capra e cavoli. Vi ricordo che, negli ultimi due anni, l’industria automobilistica è stata l’unica ad aver registrato una crescita reale ed aver sostenuto il PIL dell’Unione Europea – in un momento in cui le banche sono praticamente annegate nei debiti, l’immobiliare viene sostenuto solo con premi fiscali, l’agricoltura (e quindi l’alimentare e la distribuzione) sprofonda nel dumping più efferato, la logistica è in crisi, l’elettronica non cresce più e le commodities (petrolio, minerali, etc.) sono largamente in eccesso su ogni mercato. La crisi della piccola e media industria occidentale è strutturale, temo. Mi vergogno non poco ad ammettere che non so davvero cosa si possa fare. Certamente bisogna evitare corse alla formazione di cartelli e monopoli (come sta accadendo nell’agricoltura con le fusioni tra Bayer e Monsanto ed altre operazioni che coinvolgono Syngenta, SeedsCo ed altri colossi delle sementi più o meno manipolate geneticamente). Ma temo che nei prossimi anni l’unica industria che giocherà un ruolo davvero chiave, oltre a quella dell’energia, sarà l’agricoltura – e l’industria bellica che la impone e/o la difende.

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