Sono quasi dieci anni che scrivo su Facebook. Devo dire, con sorpresa, che ci sono persone che non conoscevo e che oggi ho l’orgoglio ed il piacere di considerare amicizie vere e personali. All’inizio scrivevo soprattutto delle mie fragilità, poi ho scritto sempre più di politica e di altre cose che mi interessano. Niente micetti e niente foto di cibi. A volte ho scritto cose di cui mi sono pentito, per superficialità. Perché non ho considerato una prospettiva importante. Perché ho scritto in preda alla rabbia. In questo lungo viaggio mi hanno accompagnato diverse persone in diversi momenti, con idee contraddittorie e motivazioni diversissime. Spesso litigando in modo insopportabile. Me ne dispiaccio sinceramente. Ma mi dispiaccio maggiormente per altre cose che sono accadute. Mi dolgo soprattutto perché, dando io spazio e voce a chiunque, anche a persone che mi insultano, ho scoraggiato molte persone per bene e che mi stimano dal seguire la mia pagina, perché hanno imparato che ci sono una mezza dozzina di utenti che, qualunque cosa io scriva, reagiscono con una violenza verbale insopportabile, nessun senso dell’umorismo, ma soprattutto – e questo è il problema vero – senza capire il senso di ciò che scrivo. Mi accade di avere persone che mi insultano perché non hanno capito, dal mio scritto, che sono d’accordo con loro – oppure non capiscono il cuore della mia argomentazione. Mi sono scervellato per capire se facciano i finti tonti, se veramente io scrivo in modo troppo complesso, se in realtà la questione sia un’altra, e sia io a non capire. La risposta non la so. Uso Facebook per confutare, argomenti alla mano, tesi altrui. Le mie argomentazioni vengono ignorate: sono renziano, grillino, juventino, o chissà cosa. Lo stesso accade quando esprimo un mio parere costruttivo. Le persone che mi rispondono, oramai, lo fanno quasi soltanto in privato, per non doversi misurare con quella mezza dozzina di persone – che, a loro volta, mi accusano di parzialità, e sostengono di non voler più frequentare la mia pagina. Peccato che non sia vero, loro non mancano mai. Altre persone, aggiungo, trovano i miei post troppo lunghi, perché al giorno d’oggi chi scrive più di tre righe poteva risparmiarsi la fatica. Moltissime persone hanno oramai difficoltà a leggere e comprendere testi complessi, oppure hanno problemi di focalizzazione. C’è una questione fondamentale da capire. Avere tanti lettrici e lettori su Facebook non vuol dire avere successo. Usare le pagine altrui per dare sfogo alla propria fragilità non porta alcun giovamento, anzi, deprime di più. Io non sono un influencer, sono uno che scrive agli amici ed ogni tanto – specie se si tocca l’argomento M5S – si lascia prendere dalla rabbia e sbaglia, perché perde la lucidità. I progetti importanti che seguo non sono su queste pagine. Le cose importanti che (nella mia vita) scrivo, non le vedete su Facebook. Qui nemmeno le posso menzionare, che violerei dei contratti di esclusiva. Per questo mi dedico così tanto alle recensioni musicali, che spesso sono dei racconti sulla mia vita. Perché credo che tante persone a cui voglio bene, e che vogliono bene a me, si trovino meglio a condividere ricordi belli o amari, ma appassionati, piuttosto che pensare all’oggi, che fa una dannata paura a tutti. Il fatto che voi ci siate, in momenti come questi, dopo una settimana faticosa, è un dono meraviglioso di cui vi sono grato. Spero, in qualche modo, di farvelo sentire. Vi stringo forte.

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