– Scrive Davide Giacalone, ed io condivido pienamente: “I trenta vertici europei non hanno agguantato alcuna soluzione, né approntato un’efficace protezione per l’euro e i Paesi che lo hanno adottato. I trionfalismi sono stati trenta volta infondati e sprecati, come qui avvertito. I mercati hanno letto l’intervista domenicale di Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, hanno appreso che si era pronti, “senza tabù”, ad intervenire, e non appena è sorto il sole hanno detto la loro: non ci crediamo. Intanto il Fondo monetario internazionale minaccia di non rinnovare il prestito ai greci, dimostrando l’errore politico di avere coinvolto quell’istituzione in una crisi che doveva essere affrontata all’interno dell’Unione monetaria. Tre anni dopo l’alzarsi dell’ondata speculativa e un anno dopo l’aggressione all’euro siamo al punto di partenza. Ma infinitamente più poveri, debilitati e con i governi nudi. Non se ne esce, se non ragionando in termini crudi, se non gettando sulla bilancia il peso della politica, se non usando la forza della ragione per schiodare i rapporti fra i tre Paesi decisivi: Francia, Germania e Italia. Prima che la forza della crisi li divida, affondando l’Unione europea. La Germania ha ragione nel chiedere che tutti (e noi in particolare) sappiano cambiare le regole del loro mercato produttivo, come loro hanno fatto, e nel ricordare che non esiste federalizzazione dei rischi (e dei debiti) senza cessione di sovranità. Ha torto, invece, nel voler far credere che la speculazione affonda solo i Paesi presi di mira, mentre loro sono solidi: le banche tedesche sono farcite di roba che non vale nulla, se alla crisi non si pone freno. Quando il governo federale dovrà salvarle il debito pubblico tedesco supererà il nostro. Se saltiamo noi saltano loro. La Germania, quindi, lucra su un dogma: chi è entrato nell’euro non può uscirne, talché gli infettati s’industriano a impoverire i propri cittadini pur di onorare quel credo. L’Italia ha ragione nel dire che non intende pagare quel che non le compete, che non ha senso tenersi uno spread alle stelle, laddove le nostre colpe ne giustificano meno della metà. Così procedendo ci spolpano, portandoci via quel che funziona nel nostro mercato, quindi la teoria dei compiti a casa e dei complimentini graziosamente elargiti dai tedeschi è prassi suicida. L’Italia, però, ha torto, torto marcio nel non avere neanche avviato le riforme necessarie (o vogliamo continuare a prenderci per i fondelli, considerando epocali dei provvedimenti confusi e contraddittori, imposti per decreto) e nel non avere approntato quel che serve per dismettere patrimonio pubblico e abbattere il debito. Che, detto fra noi, con il disastro delle regioni, è più alto di quello già contabilizzato. Enorme. La Francia è rimasta più nell’ombra, ma in condizioni assai pericolose. Sostenni che i francesi facevano bene a eleggere un socialista alla presidenza, in modo da rimuovere il pessimo predecessore, ma fui onesto, avvertendo che si sacrificavano per noi. Facciano attenzione: stanno varando riforme fuori dal mondo, allargando costi che non possono mantenere. La Francia è divenuta un problema, perché si oppone alla richiesta tedesca di cessione di sovranità, ma, al tempo stesso, galleggia su un sistema bancario tarlato. Prima ne prenderanno coscienza e prima si sbloccherà una situazione insostenibile. L’era dei placebo e dei sedativi è finita. Crederci è stato un errore (da noi non commesso). Il tema è eminentemente politico: le deficienze istituzionali dell’euro ci espongono a rischi gravissimi, sicché il suo saltare o il nostro uscire sono possibilità concrete, non battute, ma la soluzione deve essere europea. Deve comportare: tagli e riduzione dei debiti; devoluzione di sovranità; garanzia assoluta e illimitata dei debiti, per mantenere sovranità. Questo è il mix delle tre ragioni. Altrimenti si passa alla miscela dei tre torti, con: Paesi che escono; euro che salta; Fmi che scorrazza devastando e banche che affondano. Per assecondare la prima possibilità, virtuosa ed europeista, il dovere di noi italiani consiste nel recuperare dignità e nello smetterla con la gnagnera cretinissima della sobrietà. I nostri interessi devono pesare, ma le nostre deficienze devono cessare. Governi che non servano a questo scopo sono inutili a sé stessi e agli altri. Maggioranze politiche che non ne siano consapevoli sono, in realtà, minorità mentali. Basta con i feticci e le prese in giro. Non c’è più tempo, né soldi, per queste miserie”.

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