– Questo è l’articolo di stamane di Davide Giacalone. Sono d’accordo con lui, ma a me stavolta le sue frasi non bastano: “Mario Monti dovrebbe dimettersi. Lo sostengo con freddezza, senza alcuna fregola crisaiola. Dovrebbe farlo perché, così com’è, il governo non è nelle condizioni di far fronte ai problemi che arrivano. E’ stato un tentativo. Molti ci hanno creduto, moltissimi hanno fatto finta di crederci (diffondendo un conformismo che nuoce alla salute morale) e noi stessi, che eravamo scettici, abbiamo sperato che potesse funzionare. E’ andata diversamente: sobrietà e riammissione al tavolo da pranzo europeo non hanno spostato di un capello la faccenda, perché tra le cose che vengono servite ai commensali c’erano e restano le nostre carni. Alcuni amano la versione biblica: occhio per occhio dente per dente. Che nella versione evangelica si trasforma in: chi di spada ferisce di spada perisce. Con lo spread si trafisse il governo Berlusconi, ma lo spread sta spiedando anche quello Monti. Vedo il parallelo, ma in modo diverso: lo spread non era colpa del governo Berlusconi, così come non lo è di quello Monti, i cali non sono merito di nessuno. Basta guardare il grafico che appaia quello italiano e quello spagnolo, per rendersi conto che a guidare quelle curve non è l’abito e neanche il monaco di un solo governo. Ma è un fatto che il governo Berlusconi aveva, da tempo, esaurito forza, maggioranza e missione, come oggi il governo Monti, che una maggioranza elettorale non l’ha mai avuta, mentre la forza gli derivava da una convinzione (ovvero la capacità di fermare la speculazione) rivelatasi infondata. Deve dimettersi anche perché il problema non è affatto individuare il punto d’equilibrio che ci consenta di vivere con spread elevatissimi (già sopra 400 non è tollerabile), o spremere i quattrini che ne finanzino i costi, la questione è ben diversa: da noi il credito s’è strozzato e i soldi della Bce passano per le banche e non arrivano né ai produttori né ai consumatori, fermandosi ai titoli del debito pubblico, con il risultato che dove il credito è fluido e poco costoso, come in Germania, le imprese possono finanziarsi e compare pezzi rilevanti del nostro sistema produttivo. Il combinarsi dei due elementi, costo crescente del debito e finanziamento calante al sistema produttivo, ci porta velocemente alla povertà. No, grazie. Il cielo non voglia che si finisca nelle mani del Fondo monetario internazionale, cedendo sovranità politica e dovendo pagare un riscatto insopportabilmente alto. Per evitarlo, a questo punto, è urgentissimo agire su due fronti: 1. chiarire all’Unione monetaria, e alla Germania in particolare, che intendiamo restare nell’euro, ma siamo anche pronti a uscire, con il che le loro banche saltano, i loro prodotti perdono clienti, il loro debito schizza in alto e noi li bruciamo esportando beni di alta qualità a prezzi più competitivi; 2. chiarire a noi stessi che con un debito pubblico così alto non si campa, che onorarlo con il gettito fiscale è suicida, quindi si deve dismettere patrimonio pubblico, prima che ce lo portino via gli strozzini e prima che qualcuno attenti a quello privato. Se volete si può dirlo con parole meno aspre e girandoci attorno per addolcire la pillola, ma la sostanza non cambia. Il governo Monti non è in grado di fare né l’una né l’altra cosa. La prima perché s’è mosso in direzione opposta, pensando che gli interessi tedeschi potessero essere soddisfatti impoverendo gli italiani anziché combattuti facendo vale gli interessi nostri. La seconda perché a otto mesi dalla nascita non s’è ancora mosso un dito. In quanto allo sviluppo, ai decreti per la crescita e altre simili menate, lasciamo che a crederci siano i fessi che neanche li leggono (alcuni sono incarnazioni d’orrori giuridici ed economici, firmati da un Quirinale corrivo e approvati da un Parlamento prono). In questa legislatura non ci sono alternative, ma non è un buon motivo per restare fermi. Si dimetta, dimostrandosi all’altezza del compito, e chieda alle forze della maggioranza di entrare direttamente nell’esecutivo, in modo che il governo futuro, che nascerà dopo le prossime elezioni, agisca in continuità e con alle spalle una stagione di collaborazione con la futura opposizione (quella seria). Se la richiesta fosse rifiutata vorrebbe dire che la legislatura è al capolinea. Meglio scendere subito, piuttosto che star fermi e lasciarsi massacrare”. Finora eravamo rimasti più o meno zitti perché avevamo pensato: se si vota, che succede? La risposta è relativamente chiara. Grillo prende tantissimi voti (giustamente), Berlusconi tiene i suoi (la madre degli imbecilli era e resta sempre incinta), i fascisti e i leghisti tengono i propri, i democristiani di qua e di là tengono ciascuno i pochi che hanno, Bersani arriva al 20% e Vendola ottiene ciò che già ha. Il risultato: Grillo è determinante per qualsivoglia governo, oppure PD e ciò che esisterà ancora del PdL (magari senza i fascisti) dovranno governare insieme. Il risultato: un governo ancora più debole e sputtanato del governo Berlusconi e del governo Monti, un governo che ci spingerà non solo nel baratro in cui stiamo già cadendo, ma per giunta raccontandoci che va tutto bene e dividendosi le ultime briciole sul piatto. Dopodiché, se Grillo sará stato capace di estrarre un coniglio dal cappello (un uomo forte che metta paura a tutti) vincerà le politiche successive, che si terranno poco prima del natale 2013. È un incubo, ma sembra non avere alternative. Rinviando le cose non migliorano. Evidentemente l’Italia ha bisogno del bagno di sangue per imparare. C’è purtroppo bisogno di un altro giro di giostra per far finalmente sparire dalla faccia della Terra pericolose malattie come Storace, Fini, Cicchitto, Berlusconi, Alfano, Bossi, Maroni, Di Pietro, Bersani, Casini, Capezzone, Formigoni, Violante, Amato, D’Alema, Vendola e compagnia cantante. La gente continua a non capire. Ragazzi, tenetevi forte, e mettete su un orto sul terrazzo.

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