In queste ore la battaglia referendaria si è trasformata in una sorte di vortice di delirio crescente, nel quale si intravede il fatto che dall’estero arriva una serie grottesca di pressioni, quasi tutte per il SI. Evidentemente, in questo quadro un voto sereno è impossibile, anche perché la paura di brogli (credibili, temo) rende tutto aleatorio e ci lascia capire che la tendenza, qualunque cosa faremo noi cittadini, è rendere inutile il passaggio del voto. E vi prego, risparmiatemi minchiate del tipo “i Grillini sono diversi e cambieranno tutto”. I Grillini sono omologhi al sistema, perbacco. Chi non lo riconosce è un tifoso o l’adepto di una setta, non un cittadino – oppure è smaccatamente in malafede. Ma non è di questo che si vuol parlare (sì, sto parafrasando Gaber). Contestualmente all’acuirsi della battaglia referendaria, si avvicina la fine dell’anno e con essa, arrivano alcune scadenze importanti per le aziende, in testa a tutte le banche. Le banche di tutta Europa (quindi anche quelle italiane) sono allo sbando. I loro bilanci sono una cancrena puturulenta fuori controllo. A prescindere dal referendum costituzionale italiano. Debiti sono stati scambiati con lo scopo di sostenere perdite, contratti di strumenti derivati sono stati dati in garanzia di prestiti inesigibili, la somma dei depositi è stata superata da tempo dalle cifre rosse di bilanci già taroccati, irreali, pieni di cifre immaginarie ed immaginifiche. In questa situazione, oltre ai risparmi ed ai salari di tutti noi, anche le misure necessarie al sostegno alla produzione, più i mutui immobiliari, più puttanate interstellari come i prestiti al consumo, tutto è oramai basato su cifre balenghe, partendo dal presupposto che nessuna di queste banche può essere lasciata fallire e che quindi lo Stato (quindi noi) pagheremo questi debiti. Magari fosse sufficiente. Non basterebbe, l’abbiamo già fatto. Anche se domani mattina tutti gli Europei si autotassassero di 1000 Euro a testa, e le perdite più evidenti venissero coperte, ciò non inciderebbe per nulla sul vortice, che in automatico continua a procedere in un’entropia incontrollabile verso un punto di crisi, non ancora raggiunto, di cui non sappiamo nulla, tranne che sarà orribile. In parole povere: le banche non possono essere salvate con gli strumenti che abbiamo oggi a disposizione. Bisogna farle fallire, come è stato fatto in Islanda, e ricominciare da zero. Ma non lo faremo. In questa bailamme, perché raccontare che la vittoria del NO accelererebbe il fallimento di MPS (che sta lottando tra la vita e la morte da anni, oramai) e di altre banche di grande tradizione? Perché mai aumenterebbe lo spread, come ai tempi dell’ultimo governo Berlusconi? La mia risposta è semplice e chiara. Perché l’economia strozzata, come nel 1929, ha bisogno di dittature, grandi cartelli, riduzione delle garanzie sindacali e costituzionali. Il SI rende questa dittatura più vicina. Quindi dobbiamo votare NO? Ragazzi, guardiamoci nelle palle degli occhi e siamo sinceri. Non cambia nulla, le decisioni impopolari e imposte col guanto di titanio ci saranno comunque, aumentano solo i costi delle bustarelle, perché bisogna mettere d’accordo un paio di persone in più. Penso con dolore ad Ugo La Malfa ed a Ferruccio Parri, alla grande occasione che perdemmo quando queste due persone, con 70 anni di anticipo, si resero conto del fatto che i patti di Yalta, e poi i successivi di Bretton Woods (con tutte le manipolazioni del contratto finale di cui si sa da sempre e che contravvennero agli accordi presi), altro non erano se non la messa in mora della democrazia e del controllo, da parte della politica, dell’economia. Non ce ne siamo accorti, abbiamo persino dimenticato che esistesse un’alternativa. Welcome to the jungle, come canta Axel Rose. Cosa votare al referendum? In dubis coppis, come diceva il Chitarrella a proposito del tresette? NO, per far capire di non essere d’accordo? SI, per vedere di nascosto l’effetto che fa? Non andare? Fate come volete, ma vi dico che negli ultimi giorni, da ambo le parti, non ho sentito NEMMENO UN SOLO ARGOMENTO a favore o contro la riforma, che mettesse questa scelta onestamente in relazione alla posizione dell’Italia nello scacchiere internazionale delle modificazioni epocali alla natura degli Stati Nazionali (in senso bismarckiano) e della democrazia (nel senso ateniese del termine). Ho sentito solo minacce sull’invasione delle cavallette – che ci sarà comunque.

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