Cerco di essere semplicissimo. Sdagadaaan. Una volta, nemmeno tanto tempo fa, tutte le banche italiane di una certa grandezza venivano controllate dell’IRI – istituto per la Ricostruzione Industriale – un sistema creato nel 1933 su proposta dell’economista Alberto Beneduce (un socialista vicino a Leonida Bissolati) che, di fronte al fallimento delle banche e del connesso sistema assicurativo, con il conseguente crollo del sistema industriale, convinse prima il Re, poi il governo Bonomi e più tardi il governo Mussolini a fondare l’INA (nazionalizzando i contratti assicurative e pensionistici) e poi l’IRI, che salvò dal tracollo il Banco di Roma, la Banca Commercale (poi detta Comit), il Credito Italiano. Usando il sistema obbligazionario, Beneduce fu capace di rimettere in piedi il Paese. Dopo la guerra, con le sovvenzioni del Piano Marshall, l’IRI fece partire anche l’industria pesante, militare e delle telecomunicazioni: Finsider, Finmeccanica, Telecom, Alitalia, Fincantieri, Italstat, Finmare, ANAS, RAI. Relativamente al sistema bancario, l’IRI aveva due riferimenti: la Banca d’Italia, che controllava il rispetto delle regole, di proprietà dello Stato; Mediobanca (che prese il posto dell’IMI, altra creatura di Beneduce), che controllava l’industria privata entrando con pacchetti di minoranza nelle loro holding, e la Cassa del Mezzogiorno, di cui tutti sappiamo già tutto – fallimento compreso. Il principale presidente dell’IRI, ovvero colui che accompagnò questo colosso (era una delle dieci aziende più grandi del mondo) fu un democristiano massone e filo-aristocratico, tale Romano Prodi. Alla fine della gestione Prodi la DC, il PSI ed il PCI, che come al solito agivano come un solo partito, quando si trattava di soldi, sbriciolarono l’IRI; fingendo di privatizzarla, ed invece regalandone pezzi a famiglie di pirati, corsari, azzeccagarbugli e dentisti invasati – una decisione che ha messo in ginocchio il sistema bancario (-46,4%) ed industriale (-71,1%) ed i loro guadagni nel corso di soli cinque anni. Dulcis in fundo, la Banca d’Italia venne regalata (con un accordo tra Forza Italia ed il partito d’ispirazione veteropopolare filomassone di Prodi e D’Alema) alle banche che invece da Bankitalia avrebbero dovuto essere controllate. La crisi che viviamo ora nasce da lì. Chi poteva, quando ha capito l’andazzo, è andato a lavorare con le banche d’interesse locale, le uniche che ancora facessero il mestiere delle banche e sostenessero la parte produttiva del Paese sopravvissuta al suicidio collettivo del 1994. Queste banche sono rimaste a lungo attive per i seguenti motivi: a) gli italiani sono da sempre le più grandi formichine del mondo, mettono i soldi sul conto e non li muovono più; b) quelle banche erano cooperative, avevano capitali sociali bassissimi, e quindi erano escluse dalla roulette russa del trading con i derivati; c) queste banche sono un sistema efficiente di controllo dell’integrazione tra criminalità organizzata, politica locale e progetti di tranquillizzazione della popolazione, che riceve regalìe e si felicita del fatto che la squadra locale di calcio, di basket, di pallavolo, di pallanuoto, di hockey a rotelle, di palla avvelenata, di rubamazzetto, di colpo acquisisce rilievo internazionale. In questo modo anche le Casse di Risparmio e le Banche Popolari si sono trasformate ben presto in un troiaio inguaribile ed ingestibile, tant’è che oggi le squadre di circenses non ci sono più, le banche falliscono, la criminalità organizzata (raggirata, truffata, offesa e vilipesa) cerca altre strade, rivolgendosi alle banche d’affari internazionali. Cos’altro può succedere di orribile, in un quadro così disperato? Che l’ex Sindaco di Firenze, a capo di una cordata tutt’altro che trasparente, acquisti dalla massa fallimentare dapprima la fusione tra DC e PCI, poi il governo (senza nemmeno che si voti), e poi decida di essere un grande statista e si metta a fare leggi di riforma. Nel gennaio del 2015 Matteo Renzi fa passare una riforma del sistema bancario, grazie (grazie?) alla quale le popolari e le altre banchette locali diventano Società per Azioni, e smettono di essere banche cooperative, almeno nominalmente controllate dai propri correntisti. In un crescendo da tregenda, le banchette si fondono tra loro (sono quasi tutte in bancarotta, oramai) e trasformano le quote sociali dei propri correntisti in azioni. Una scelta obbligata, perché Renzi limita alla gente il diritto di recesso. Ovvero: se io in questa nuova banca non ci voglio entrare, non lascio che trasformino una parte dei miei soldi in azioni della neonata SpA, di modo che li usino per coprire il deficit di bilancio e portino al capitale sociale oltre la soglia che permetterà loro di giocare al grande casinò dei derivati – decuplicando ben presto le perdite, se tutto va male, secondo la ben nota legge di Murphy. Ma Renzi mi proibisce di uscirne, mi obbliga a restare ed a finanziare questo casino. Ho cercato ovunque cifre che dicano quanti soldi vengano stuprati via al cittadino in questo modo – non ne ho trovate. Ma sono certo che per certe famiglie si tratti di un’esecuzione sommaria, in cui si venga trucidati ed infine venga uno a sputare sul tuo cadavere. Questo fino a venerdì sera. Il Consiglio di Stato ha bloccato la Riforma Renzi, e la Corte Costituzionale sta per pronunciarsi (probabilmente in modo negativo) sull’intera truffa. Risultato: le popolari e le casse di risparmio, già con l’acqua alla gola, in quattro ore di Borsa aperta annegano. Sdagadaaaaan. Superciuk (l’eroe di Magnus e Bunker che ruba ai poveri per donare ai ricchi) dice che, se vince il suo referendum del piffero, risolverà anche questo problema. Coprendo con i soldi dello Stato i buchi. Quindi con i soldi nostri. Garantendo così che Bankitalia conceda alle banche più assurde di andare a perdere altri soldi (ma a pompare il valore formale dei bilanci) sulla roulette mondiale dei derivati. Lo scopo politico, Renzi lo dice da anni, è uno: basta risparmiare. Gli italiani che hanno nascosto i soldi sotto il materasso o nei conti delle banche, devono tirarli fuori e spenderli. Subito. Ed il suo dictat è talmente convincente, che venerdì la Banca Popolare di Vicenza, affossata da anni di gestione clientelare e cogliona, ha annunciato che chiuderà tutti i conti dei clienti che i soldi li mettono in banca e poi li tengono lì. Lo giuro. Lo so che non potete crederci. Ma allora credete alle promesse di Renzi o a quella speculari di Grillo. Ma statemi lontano, che mi date fastidio, davvero mi date fastidio.

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