Le quattro del mattino ed ancora non ho finito… Stanotte devo rispondere all’appassionante domanda relativa a tre uomini d’affari russi: quando hanno offerto una certa cifra per comprarsi una società inglese mentivano, erano seri o semplicemente rappresentavano qualcun altro? Cheottopalle, porcaloca! Quando, per un lungo periodo, la quantità di lavoro da terminare, accompagnata alla pressione delle scadenze di consegna, travalica di molto le mie capacità personali, entro in una sorta di tunnel fatto di tre ore di lavoro, poi tre ore di sfinimento misto ad un sonno leggero ed inquieto, cui seguono altre ore di lavoro e poi il successivo sfinimento. Lentamente, come un mantra, questo ritmo falsato della vita si trasforma in un sogno, come un interminabile viaggio in un treno, come una settimana in prigione con la luce accesa attendendo il secondino che si diverta a farti male e ad umiliarti, come essere di guardia durante la naja, come un periodo di allenamento intensivo di nuoto o di corsa. A me ste stramaledette endorfine di cui parlano tutti non mi si liberano. Anzi, fingono di essersi estinte insieme al paguro volante della Cornovaglia. Dopo un po’ però mi si stempera persino la malinconia, tutte le funzioni vitali si concentrano sull’obiettivo di finire il prossimo lavoro, come se fossi in una salita ripida e per farcela mi concentrassi sul prossimo albero a cinque metri da me, senza mai osare immaginare il tutto, ma sconfiggendo il Golgota una briciolina per volta. In questo modo, diceva Gandhi, si possono fare i viaggi a piedi più lunghi e faticosi. Chissà perché l’essere umano, per tenersi in forma ed allungarsi la vita, debba punirsi così. In questi momenti sento crescere l’italiano in me. Qualcuno dev’essere colpevole. Quei coglioni di Adamo ed Eva, naturalmente. Capisco giocarsi il Paradiso Terrestre per una bottarella d’allegria, ma dovevano davvero farlo in nome e per conto anche di Paolo Fusi? Ma una pugnetta in più nel momento topico nell’infinita storia dell’universo non sarebbe stata meglio? Piccoli atti producono conseguenze inenarrabili. Grandi fatiche producono striminziti risultati. Merda. Con la mia paranoia performativa mi sa che ho sbagliato tutto. Oppure ultimamente prendo troppo poca marijuana nel thé, la dose abituale non basta più.

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