Ho commesso alcuni atti impuri. Sono andato da Feltrinelli a Largo Argentina ed ho preso in mano il libro di Ignazio Marino, poi mi sono seduto al baretto della libreria e mi sono messo a leggerlo, facendo attenzione a non rovinare la copia che avevo in mano. Come comprenderete, io mi vergogno all’idea di presentarmi di fronte ad una cassiera comprando riviste porno, lecca-lecca a forma di pene e libri di Ignazio Marino – e sapere che la signorina di fronte a me pensa frettolosamente se chiamare la Polizia o ghignarmi via con disprezzo. Il libercolo è peggio di quanto temessi. Marino è un piagnone insopportabile, un vittimista infantile episcrotale, un saputello con il dito indice sempre sollevato, e non solo per arrotolarsi i boccoli che non ha o nettarsi le periferie anali. Le pagine grondano di autocommiserazione e bugie. Lui aveva trasformato Roma in una capitale interspaziale in cui alieni benvestiti annusavano primule sboccianti da cementi fragranti e sommessi. Di tutte le cretinate che ha combinato (dall’operazione empatia, dall’aver difeso i vigli che lo insultavano, dall’aver mentito sul suo presente da ciclista, da aver inventato ferite che non aveva, fino ai soldi spesi per cose dubbie, la vicenda della Panda rossa ed altre amenità patetiche e piropalliche) non c’è una riga, lui ha fatto tutto giusto. E poi se la prende con Matteo Renzi ed il PD, come se lui non avesse salvato la propria vita, dopo essere stato cacciato via con ignominia dagli Stati Uniti, perché il PD lo aveva protetto e coccolato. Le sue insinuazioni su Renzi e Bettini, se qualcuno mai lo prenderà sul serio, valgono tutte processi per calunnia e diffamazione. Il suo stile è stentato, ampolloso, compiaciuto, polipetidicamente primordiale ed autoreferenziale. Credo che nel PD solo il Governatore della Campania, e nell’opposizione solo Razzi e Brunetta, possano sfiorare certe eccelsità incommensurabili. Insomma, il libro l’ho odiato in allegria, disprezzato con acrimonia, ed ho rafforzato la mia opinione. Le elezioni a Sindaco le vince solo l’ex assistente di Cesare Previti. Non per motivi politici, ma perché è bona. Oppure Marchini, non perché è un fighetto palazzinaro con due famiglie parallele e spese pazze per il polo (uno sport che secondo me solo lui ed Ignazio Marino condividono fisicamente), ma perché è bono. In questo contesto, Adinolfi e Meloni sono fuori tema, dovevano candidarsi a Campobasso.

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