Si va a Montecarlo anche per fare motonautica, nel Liechtenstein per sciare, l’Isola di Man è famosa per la sua gara motociclistica, Città del Vaticano per le file interminabili per entrare ai Musei – insomma ogni piccolo staterello ha la sua specialità sportiva. Passeggiando per le vie del centro ho scoperto oggi quella di San Marino: il truculing. Si tratta di una disciplina di grande difficoltà, in cui la mente è occupata almeno quanto il cervello: zero. Si tratta di uno sport di squadra, i team sono generalmente disposti nella formazione tipica Babbut-Mammut-Figliut, ed in queste ore stanno letteralmente prendendo d’assedio il Monte Titano, riempiendo del loro tipico rimbambolìo ogni pertugio. In loro onore i caffè ed i negozi hanno, accanto alle scritte in italiano ed in russo, anche dei disegni, dato che i grandi campioni del truculing non hanno mai avuto tempo e modo di alfabetizzarsi. La stragrande maggioranza dei team viene dai paesi slavi, dalla Campania e dalla Lombardia. Stamattina, più inorridito che affascinato, ho passato un’ora su una panchina a guardarli passare. Una squadra di fantozzosauri aveva nel passeggino un cane che tutti ricoprivano di vezzeggiativi come fosse un bebé. Dai loro dialoghi, che ho tradotto in italiano come potevo: a) solo i cani sono veramente umani; b) i gioielli degli scioppi (negozi?) sanmarinesi sono diversi da quelli di Piscinola (il quartiere che confina con Scampia); c) tua mamma mi odia per una cosa di femmine, come la rogna; d) Marittella mia, cosa hai a mammeta? Solo un po’ di stress ai pensieri! E perché, pensi a Filuccio tuo? Ueee, Filuccio è cosa antica, nemmeno era estate… Il truculing consiste fondamentalmente nell’occupare oziosamente la strada, allargandosi a più non posso ed intralciando il traffico, fermandosi di fronte ad ogni negozio di roba superflua per poi annunciare: da noi la roba è migliore e costa meno. I bambini sono vestiti come per una spedizione al polo (team napoletano) o per la spiaggia giamaicana (team slavo); le mamme sono addobbate come gli alberi di Natale finti degli americani e tintinnano adipose ostentando ciavatte da terra dei fuochi o da Stabilimento Da Muzzio a Torvajanica Beach, su cui si inerpicano ricordi di polpacci ipertricotici e vestaglie stile Tufello-La-Nuit. Lo dice uno che nella classifica di “Omodefero” e di altre riviste specializzate è da sempre agli ultimissimi posti per stile nel vestirsi. Ma il truculing obbliga gli sportivi a superarsi anche in questa direzione. Non sono turisti, no no. Non spendono una lira, ma riempiono la città di cartacce, lattine, profilattici per cani, cocce di arachidi, caccole sanguinolente di rigogliosa produzione nasale schizzate a terra con maestria apocalittica. Alla sera passano squadre di operatori ecologici per cercare di restituire alla città l’immagine che aveva prima della calata dei barbari, che da domattina ricominceranno a dilagare per ogni dove. A partire da oggi sta arrivando una nuova infornata di ospiti, quasi tutti sportivi di truculing. Le loro battute a tavola ve le risparmio, ho veramente pensato di chiedere di poter cenare in camera. Splendida la signora che non ha mai imparato a usare le schede magnetiche per aprire le porte dell’albergo. Cerca una fessura, non la trova, muggisce e piagnucola. L’aiuto, glielo faccio vedere tre volte: così si apre, così si chiude. Tre minuti dopo la trovo alla reception: “Questa scheda non va bene, apre camera mia solo se la usano gli altri”. A cena obici strabici alla ciancichetta di latte di ratto – a che serve parlarne? Mi è rimasta una settimana di prigionia, si avvicina l’ora in cui si tirano le somme. E se non si sta attenti, si ferisce qualcuno che ne viene colpito. Della direzione oggi non c’era nessuno, nemmeno i terapeuti sono venuti. Della mia scorribanda nella sala UFO non ha parlato nessuno, sono ancora a piede libero. Chissà cosa mi viene in mente di fare stanotte…

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