– Siamo sempre di meno. Se ne vanno tutti, sospinti dalla fine di un agosto deludente, dell’ansia per i festeggiamenti del 3 settembre, festa nazionale sanmarinese, in cui pare che la città esploda in una Babele al fulmicotone, in cui migliaia e migliaia di errabondi nauseabondi ubriacandi sciamino indomabili per le vie della città. Per fortuna me ne resterò rintanato in albergo, ma pare che anche qui ci sarà il pienone e persino alcune star interplanetarie quali Emma, Grazia, Graziella, Cippa, Lippa, Noemi e Piperita Patty, la mia preferita, tutte scortate dal personale lubrificante del marito di Maurizio Costanzo, che col suo fluido metastatico le prepara al macello e fa loro credere di essere artiste. In più ci saranno gli usufruttuari della lubrificazione, di cui non oso immaginare i sembianti, dato che sono stati scelti uno per uno da Lele Mora e Barbara Berlusconi. Comunque in questo modo ho capito perché già nei giorni scorsi girassero per ogni dove cariatidi del livello di Baudo e Briatore. Stasera ci sarà pure Brignano dal vivo in una piazza vicinissima all’hotel, ma eviterò di subirlo perché conto di passare la serata a guardarmi la magggica contro la Fiorentina e dopo quasi certamente non sarò nelle condizioni di spirito necessarie ad ascoltare le sue “divertentissime” battute. Per intanto il centro trattamenti è stato abbandonato, non c’è nessuno nelle sue camere di tortura. Così ho preso tutto il mio coraggio e sono andato a vedere di giorno la fantomatica stireria del quarto piano. Entrambe le porte erano aperte, i computer e la macchina erano spenti, nessuno in circolazione. In un angolo una pila di asciugamani stirati e pronti per essere distribuiti nelle camere. Accanto a queste, invece, due scatoloni imponenti pieni di chissà cosa, sigillati, senza nessuna scritta. Ho provato a spostarli, ma pesano tre accidenti e un accipicchia, sicché sono stato costretto a rinunciare. Visto che avevo campo libero, ho imboccato anche il corridoio da cui avevo visto uscire gli omoni in divisa. Perché no? E’ un corridoio lungo oltre 50 metri, e questo non mi sorprende, è logico che sia lungo come quelli dei piani inferiori. Al posto delle stanze ci sono delle nicchie piene di sedie rotte, mattonelle e moquette di ricambio, carta igienica, macchine coperte di polvere, nulla di sospetto, insomma. Alla fine del corridoio una terrazza apparentemente abbandonata. Due o tre vasi, erbaccia, foglie morte, niente di eccitante. Sul lato interno ci sono le porte dell’ascensore, quello che fin qui non arriva. Spingo un bottone, tanto per vedere che succede. Si accendono tutte le luci, quella del pianerottolo e quella che segnala l’arrivo di qualcosa. Si aprono le porte. Mi aspetto l’ascensore che conosco, invece è completamente diverso. Dentro ha un solo bottone, senza nessuna scritta. Che faccio, lo pigio? Non ho combinato abbastanza marachelle finora? O subito o mai più, dacché non appena vi avrò raccontato questa avventura la proprietà saprà del mio sconfinamento esattamente come voi, e saranno dolori – o comunque mi impediranno di ripetere l’esperienza. Pigio. L’ascensore scende. Scende. Scende. Non la smette più di scendere. Si vede che arriverà al piano sotto terra in cui c’è il garage ed una palestra di Yoghi e Bubu (non ho pazienza con le lingue straniere, si tratta di una tortura cataplasmatica in cui ti costringono a contorcerti ululando, suscitando il karma e resuscitando i morti, per poi darti l’impressione di trasformarti in un cavaliere Jedi e di uscire trionfante dalla menopausa. Naturalmente me ne sono sottratto immediatamente, non stiamo mica qui per divertirci). Mentre cogito su queste ed altre questioni l’ascensore continua a scendere, non si ferma più. Guardo il quadrante dei comandi, non c’è un tasto per l’allarme. Se sto coso si blocca morirò qui o di fame e sete, o per la mancanza d’aria, o perché colto in fragrante dai due omoni che mi trasformeranno in carne Simmenthal. Per ingannare il tempo e la paura penso ai cibi di oggi: spicchio di ranocchio al papocchio di finocchio, budino di occhi di lemure alla salsa di lacrime di zombie, bulloni al cartoccio, castagna grifagna alla farina di gramigna con sugna di pigna, purée di paguro vergine delle Galapagos con bacche di pustola. Il cuoco non può evitare di superarsi di giorno in giorno. BANG. L’ascensore si ferma, la porta si apre. Un hangar immenso, con una saracinesca in fondo, ad almeno 500 metri da me, larga almeno 50 metri ed alta dieci. Una sorte di cattedrale aliena: intorno a me macchine incomprensibili, bzzzzz metalinguistico, luci al neon. O sono sul set di un nuovo episodio di Guerre Stellari oppure sto per incontrare Luc Orient, e partirò davvero per Terango. Non può trattarsi di una base di collegamento con Ork, dato che Mork si è recentemente tolto la vita. In ogni caso questo hangar, a mio modestissimo parere, ospita dei dischi volanti. Tutti li cercano nei cieli degli Stati Uniti. Gli Americani credono fermamente che tutte le cose spettacolari debbano accadere da loro, per questo si sono inventati con trucchi da circo o effetti speciali cinematografici lo sbarco sulla Luna, l’attacco alle Torri Gemelle, la trasformazione di Angelina Jolie in un robot di nuova generazione, il tunnel dei neutrini che unisce Ginevra all’Abruzzo, la fotocopiatrice tridimensionale che costruisce i motori dei Boeing ed altre minchiate di fantascienza, cui solo un Grillino può credere. Invece gli UFO sono qui, a San Marino, in una piazza finanziaria offshore. Anche i Klingoni avranno ben bisogno di un po’ di sano riciclaggio di denaro sporco… Vorrei restare, ma è troppo pericoloso. Se mi beccano stasera mi mandano a letto senza cena e senza vedere la partita della Roma. Ma ora sanno che io so. Vediamo come reagiscono. Semmai, sono morto non per la libertà, ma per la curiosità. Che è nonna, come me. E forza Roma!

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