Tre persone importanti, che sono più o meno uscite dalla mia vita, mi hanno insegnato una cosa fondamentale: bisogna aver rispetto delle decisioni di coloro cui vogliamo bene. Il fatto che le approviamo o no non significa che le scelte siano giuste, ma noi non sapremo mai chi avesse ragione, ed in fondo è irrilevante. Una cosa che è sbagliata per me, magari è giusta per la persona che mi sta di fronte. Non solo. Questi momenti sono importanti per imparare la differenza tra proiezione ed essenza. Se questa persona ha ragione, allora non andava bene per noi, è meglio se ne stiamo lontani. Nella mia vita, troppo spesso ho disprezzato le persone che mi stavano (che mi legavo) accanto. Di queste tre persone, una mi ha stupito, perché partendo da una situazione di grave malattia ha ottenuto, con tigna e talento, un risultato che credevo impossibile – e mi ha dimostrato che, al suo confronto, sono una schiappa. La seconda è semplicemente tornata a ciò che è sempre stata, e che io, per anni, mi ero rifiutato di vedere. La terza è la più difficile, anche perché il legame è talmente forte, oramai, da costringerci a razionalizzazioni violente, condite di pianti, di “sempre” e di “mai”. Stamattina, nel dirsi nuovamente addio, mi sentivo sereno come non lo ero mai stato primo. Primo, perché tanto la partita non è veramente chiusa, a meno che io non mi sbagli, ed allora va bene così. Secondo, perché è esistita, esiste ancora, permea molto di ciò che penso di me stesso, ed anche nei momenti più terribili, la forma che sceglieva creava disastri, e su quelli veniva giudicata. Ma, nella sostanza, lei è l’unica persona, in tutta la mia vita, che non si è sputtanata mai, al contrario di altre persone che, nella forma, sono stati irreprensibili, ma nella sostanza sono persone bravissime, degne d’affetto etc., ma lontanissime dal mio modo di essere. Per fortuna, quindi, che M esiste. E che la vita ci ha messi l’uno di fronte all’altra, nonostante il no.

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