– C’è un altro fatto su cui vi invito a ruminare. Nei secoli scorsi, quando la piazza insorgeva, venivano rovesciati i governi. La Rivoluzione Francese è iniziata con l’attacco del proletariato infuriato e disperato alla Bastiglia. Tra gli organizzatori di quel gesto e coloro che lo portarono fino in fondo c’era una certa omogeneità di vedute, almeno sull’identificazione del nemico: abbiamo fame perché la monarchia ci affama. Già nel 1918 in Russia la situazione era estremamente diversa. Lo zarismo aveva avviato una serie di riforme che avrebbero allargato di molto la base di benestanti. I rivoluzionari dell’Ottobre attaccarono perché si resero conto che avevano un’occasione storica e forse irripetibile, anche se non avevano unità di intenti e se la base del proletariato non era con loro. Il risultato: una dittatura feroce durata 80 anni, un fallimento tragico. Nello stesso anno in Svizzera i bancari scesero in piazza per acquisire i diritti sindacali. In un Paese così piccolo una protesta così mirata – anche se venne soffocata nel sangue – ottenne il risultato richiesto. Ne nacque un Patto Sociale che ancora oggi regge: gli Svizzeri sono dispostissimi a votare contro i propri interessi individuali immanenti se vengono convinti del fatto che un determinato sacrificio, a lungo termine, porterà un beneficio collettivo e duraturo. Con questo non voglio giudicare la Svizzera, che a mio parere è uno dei regimi totalitari più chiusi del Pianeta. Voglio portarvi altrove, con il mio ragionamento. In Italia, dopo la Guerra Mondiale, le dimostrazioni di piazza erano dimostrazioni di forza dei partiti. Una tendenza tutta nostra: centinaia di migliaia di persone che manifestano dicevano al potere che, alla conta elettorale, forse quel gruppo era minoritario, ma il suo impatto, nel momento in cui avesse deciso di mettersi per traverso, sarebbe stato sufficiente per bloccare tutto. Fino al 1976 lo Stato ha reagito sempre in modo sbagliato: sparando sulla folla, uccidendo innocenti, suscitando nella maggioranza silenziosa l’orrore. Il risultato fu il sorpasso elettorale del PCI sulla DC, che non si tradusse in un governo a guida comunista a causa del rapimento di Aldo Moro e della scelta del PSI di eleggere con Bettino Craxi un uomo alla propria guida, che fece dell’alleanza con la DC la base programmatica. L’esecuzione di Moro, la sostituzione della solidarietà nazionale con il preambolo del PAF (l’alleanza interna alla DC di Piccoli, Andreotti e Forlani, che si impegnava a fare governi con il PSI), hanno ammazzato il Movimento. Un moto per il quale la gente scendeva in piazza a dimostrare la propria rabbia, il proprio dissenso, la propria speranza di cambiamento, ma nel quale si sgretolava il principio del Dopoguerra. A scendere in piazza non sono persone che possono bloccare il sistema, ma persone che ne sono fuori. Gli operai non solo decidono a poco a poco di non mettersi accanto agli studenti, ma come accade all’Università di Roma nel 1978, li combattono fisicamente. Le manifestazioni sono quindi, da allora in poi, solo un mezzo per misurare la capacità di “cammellare” da parte di sigle politiche e sindacali – un esercizio sterile e dannoso. Da qui saltiamo al G8 di Genova ed alla manifestazione di Roma dell’autunno scorso. Le cose sono cambiate. La gente è talmente esasperata, furibonda, disperata, scandalizzata, che scende in piazza nuovamente. Cosa accade? Le microorganizzazioni che discendono dagli anni 70 (a sinistra come a destra e al centro) continuano a cercare di gestire la piazza per giustificare la propria esistenza, glissando sul fatto che chi é in piazza non solo non è d’accordo con loro, ma generalmente nemmeno sa cosa vogliano. Ma lo Stato, la Polizia, il potere dell’aristocrazia finanziaria, non solo concedono credibilità a questi gruppuscoli! Li esaltano, li mitizzano. Ed in nome di questo attaccano barbaricamente gruppi di cittadini inermi, inconsapevoli, pacifici, sconvolti. Il risultato? Nessuno scende più in piazza se non per la propria lobby, come i tassinari o gli abitanti della Val di Susa. Perché andare in piazza significa essere strumentalizzati dai micromovimentini e dallo Stato, due forze apparentemente contrapposte ma che inseguono lo stesso risultato: dimostrare per vera quella che oggi è una bugia patetica e pericolosa, ovvero che la dicotomia fra pro ed anticapitalisti sia ferma al 1968. Quindi la gente inizia a suicidarsi. Da gennaio ad oggi c’è almeno un suicidio al giorno, di gente disperata, cui è stato tolto, come diceva Gaber, “il gusto di essere incazzata personalmente”. Da qui bisogna giocoforza partire per trovare un nuovo “che fare”. Opinioni?

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