– Vi invito a ragionare su due fatti. Il primo. Negli ultimi 20 anni abbiamo creduto che una delle ragioni del fallimento del comunismo come idea politica (non parlo della feroce dittatura bolscevica, quella è fallita per motivi endemici) fosse lo sgretolamento e la scomparsa del proletariato in senso marxista. Ebbene, la presa del potere del potere non-politico della finanza ha risolto questo problema. Oggi esiste un sottoproletariato, specia urbano, di persone che lottano per sopravvivere. Poi esiste un proletariato manufatturiero, che lavora con le mani, che si divide fra autoctoni ed immigrati, ma che si trova al limite della sussistenza e non ha nessun paracadute sociale. A questi due gruppi si aggiunge la quasi totalità della gioventù borghese ed intellettuale, che vive in una precarietà terribile e disperata. A livello di guadagni e di speranze di affermazione, a parte il sottoproletariato, gli altri due gruppi sono più o meno alla pari. Ma i diversi gruppi di “proletari” disprezza i suoi simili appartenenti a coloro che percepisce come concorrenti nella darwinistica lotta per la sopravvivenza. Negli anni 70 gli studenti credettero di avere dietro di se la classe operaia, e si sbagliavano. Oggi, Elsa Fornero, Mario Monti ed i tre partiti di destra reazionaria che li sostengono (il PDL di Alfano, i democristiani di Casini ed il PD di Bersani), stanno creando miracolosamente i presupposti per una ricompattazione del proletariato – che purtroppo, ancora una volta, accade contro una realtà e non a favore di un progetto. Abbandonata la spocchia, fra poco gli studenti capiranno che gli emarginati, in parte, lo sono per scelta, perché si chiamano fuori dallo sgretolamento prooprio della società edonistica. Ed allora saranno magari pronti per menare le mani. Ma dove saremo noi? Noi, che abbiamo barattato la nostra rabbia e le nostre speranze per la promessa del benessere, del posto assicurato e della pensione? Che faremo? Quanti di noi sceglieranno per paura l’orrore della deriva neofascista? Idee in proposito? Seconda questione. Su un tema del marxismo, il plusvalore, sono d’accordo tutti, dall’estrema destra all’estrema sinistra. Se non si crea plusvalore l’economia non cresce. Latouche ci spiega che la fede nella crescita eterna non solo è crollata alla prova dei fatti, ma è pericolosissima e sta distruggendo il pianeta. In quel senso non c’è nessuna differenza fra gli errori di Marx e quelli degli economisti di altre scuole. Oggi siamo al punto in cui persino Malthus deve essere ripensato criticamente ed in positivo. Cosa è cambiato? Il mercato ha già registrato un cambiamento? Ma certo! Da decenni ormai siamo usciti dall’economia del profitto (ditelo a Bersani, che legge ancora le favolette) e siamo passati all’economia di rendita. Microsoft non fà registrare buoni risultati perché vende i migliori computer e software ad un prezzo concorrenziale, anzi. Ha successo perché ha conquistato una posizione paramonopolistica di rendita. Il prezzo non è più legato alla produzione, ai trasporti etc., ma alla posizione di potere nel mercato. Per questo motivo, oggi, l’industria mineraria conta più di ogni altra cosa. Il resto dell’industria non vende più il necessario, ma ciò che ha successo e dà l’impressione di essere una chiave di accesso alla felicità: la Nutella, un’auto figa, creme di bellezza, accessori di moda, una vacanza in un carnaio trendy, una serie di aggeggi elettronici all’ultimo grido, etc. La qualità intrinseca dei prodotti non conta più, nemmeno sappiamo giudicarla, perché il sistema nasconde le informazioni oneste e trasparenti sui prodotti. Anzi, prodotti dannosi alla salute vengono acquistati come necessari per la sopravvivenza, mentre uccidono, e non parlo solo delle sigarette. Quindi la teoria marxista della necessità, da parte del proletariato, di controllare la produzione, non ha più un senso. La dicotomia fra Stato e politica, fra Stato e produzione, non ha più senso. L’aumento generalizzato del benessere contribuisce a disgregare la società, a distruggere il pianeta ed a minare la salute dei cittadini, quindi non si sa se va difeso o no. In questo modo tutte le politiche classiche della sinistra hanno perso significato. Convinti che esista solo una borghesia diffusa e rincretinita, la “sinistra” insegue al centro con una serie di posizioni antidiluviane, inefficienti, apotropaiche più che ideologiche. Che fare allora? Opinioni?

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