Scrive Davide Giacalone, e condivido pienamente: “Siamo al terzo tentativo, e al terzo errore, in materia di rimborsi agli obbligazionisti delle quattro banche fallite, nonché salvate con il decreto legge del novembre scorso. Degli altri due vedemmo le falle e le segnalammo. Ci dissero che avevamo torto e che il meccanismo era meraviglioso. Poi si sono accorti che avevamo ragione. Sicché siamo a quattro mesi dal fallimento e, nonostante si sia promesso di provvedere in poche settimane, nonostante siano scaduti i termini previsti dal decreto legge, ancora fermi al palo. Per chi avesse poca memoria, il primo tentativo consisteva nel rimborsare gli investitori truffati, demandando all’Autorità anti corruzione il compito, con appositi arbitrati, di stabilire quali fossero e in che misura. Osservammo: a. se c’è un truffato deve esserci un truffatore, il che non lo si accerta in arbitrato, ma in un processo penale; b. il primo escluso dai rimborsi avrebbe fatto ricorso e vinto, perché non c’è base costituzionale per discriminare, in assenza di sentenze penali. Il secondo tentativo provava ad aggirare l’ostacolo: niente arbitrati, ma rimborso a tutti, automatico, salvo a chi aveva comperato nel mercato secondario (non direttamente in banca). Peccato che, in questo modo, non solo ci sarebbe voluto più del triplo dei soldi previsti (la legge di stabilità ha accantonato 100 milioni), ma sarebbero stati rimborsati anche investitori consapevoli e coscientemente (nonché legittimamente) speculatori. Con queste due proposte il nostro governo è andato al confronto con la Commissione europea. Spero solo che siano stati trattati con cortesia formale, perché nella sostanza li hanno guardati come dei governanti per caso. Veniamo al terzo tentativo, e terzo errore, sul quale dicono di avere l’accordo con la Commissione. Il che è possibile, tanto siamo noi a farci del male. Questa volta l’idea sarebbe: rimborsare, in automatico, chi ha investito fino a 100 mila euro, comprando allo sportello. Il tetto verrebbe legittimato dall’analogica con le regole europee sulle risoluzioni bancarie, il bail-in, secondo cui i depositanti fino a 100mila sono comunque garantiti. Tre obiezioni e una trappola. 1. Anche in questo caso l’automatismo presuppone il rimborso degli investitori consapevoli. 2. L’analogia con quanti depositano i soldi nei conti correnti non ha senso, perché questi percepiscono interessi miserrimi o, più spesso, hanno solo costi, mentre gli obbligazionisti guadagnano, talché sarebbe grottesco, benché non inedito, considerare privati i profitti e pubbliche le perdite. 3. La differenza fra correntisti e obbligazionisti, con i primi protetti fino a 100 mila euro, era presente anche nella nostra legge nazionale, prima del bail-in, pertanto non potrebbe essere invocata alcuna improvvisa e sconosciuta novità. A questo si aggiunga che si vuole inserire una clausola secondo cui l’automatismo del rimborso non impedisce che ci si sottragga, rivolgendosi al giudice assieme agli altri esclusi. Ma questo è un modo per tutelare i presunti truffatori, ovvero i vertici bancarottieri delle banche. Tutti devono andare dal giudice, innanzi al quale gli accusati avranno modo di difendersi. Altrimenti il diritto va a farsi benedire. Comunque la si giri è evidente che i rimborsi, attingendo da un fondo cui contribuiscono le altre banche (ma istituito con legge), possono essere “anticipati”, sulla base di alcune condizioni oggettive (ad esempio la falsificazione dei moduli identificativi dell’acquirente), ma restano subordinati all’accertamento della responsabilità penale. Si deve salvaguardare la credibilità del sistema bancario nel suo insieme, evitando di diffondere la pestilenza del panico e della sfiducia, ma si deve anche rispettare il diritto, che presuppone la punizione dei colpevoli. Pensare di fare l’una cosa senza l’altra significa non sapere di cosa ci si occupa e diffondere una pestilenza non meno letale: l’incredulità nella legge e la rassegnazione a vedere i profittatori e i truffatori protetti e mantenuti dai tartassati”.

Lascia un commento