Sto seguendo con fatica il dibattito interno al PD, ma lo faccio, perché sono profondamente convinto di una serie di cose. La fusione tra il PCI e la DC ha una profonda ragione storica, perché ritengo che queste due formazioni costituissero un’unica forza politica già nel 1949, due correnti della stessa onda d’urto che ha guidato l’Italia dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, ed in perfetta continuità con alcuni aspetti del ventennio fascista. Il che non toglie nulla alla verità che tutti conosciamo: il PCI veniva finanziato da Mosca e da Berlino Est, la DC da Washington e da Bonn. Gli Americani hanno compiuto stragi intollerabili ed impunite in nome del loro concetto di colonialismo, cui noi siamo stati costretti a cedere. L’accordo tra Togliatti e De Gasperi prima, e tra i vertici del PC e della DC dopo, hanno regalato all’Italia 30 anni di progresso, di sviluppo sociale ed economico, di “normalizzazione culturale”. La specularità dei due partiti, che accoglievano diverse biografie, rabbie, ceti sociali, trovando posto per l’IRI di Alberto Beneduce (ministro del fascio, ma PSI) e, quindi, per il prosieguo della politica economica post-giolittiana, è stata la garanzia del miracolo italiano – insieme alla concertazione dei sindacati con l’industria italiana, considerata (giustamente) la punta di diamante del boom ed il serbatoio per milioni di posti di lavoro, che in una sola generazione hanno portato la popolazione dalla miseria al benessere. Una politica che, grazie ad Enrico Mattei ed Oscar Sinigaglia, si mise alle spalle il colonialismo ed ottenne dei successi travolgenti collaborando con il Terzo Mondo, invece di depredarlo. Questa politica ha resistito fino alla morte di Aldo Moro ed alla presa del potere di Bettino Craxi e di persone a lui vicine, sia nella DC che nei partiti dell’area laica (Longo, Spadolini, Nicolazzi, Altissimo). Il governo di solidarietà nazionale (luglio 1976, marzo 1978), che si reggeva con il voto esterno del PCI, è stato l’inizio della fine – perché è stato l’inizio delle privatizzazioni, dell’Italia dei barbari, dei Colaninno, dei Tronchetti Provera, della Milano Da Bere, della cancellazione di ogni speranza sociale, culturale ed urbanistica di Roma, della fine del capitalismo industriale, cui venne sostituita la superstizione nel capitalismo finanziario – e gli epigoni di questa sciagura sono stati Romano Prodi (capo dell’IRI; democristiano), Massimo D’Alema, Giuliano Amato. Mani Pulite è stato un regolamento di conti interno tra gli ultimi capitani d’industria italiani (ammazzati in malo modo, come Gabriele Cagliari e Raul Gardini) ed una nuova forza esogena, guidata da Silvio Berlusconi, che ha costretto DC e PCI a fondersi, a riconoscere pubblicamente la propria disomogenea omogeneità. In quel momento è stato chiaro che, in Italia, la differenza tra Destra e Sinistra fosse solo stata fittizia. Il risultato, purtroppo, è che la gente, invece di cercare di capire cosa fosse VERAMENTE di Destra o di Sinistra, ha deciso che fosse meglio scegliere la semplificazione, il misticismo religioso che era alla base delle feroci dittature come il Nazismo. Questa forza centripeta, che di orrore in orrore ha portato fino al Movimento Cinque Stelle, rappresenta un popolo che non vuole responsabilità, che non sa cosa fare, che affronta le questioni (che non capisce) in modo estetico e mai pragmatico. Con il risultato che si vede a Roma, una città in cui la Giunta colleziona figuracce e si fa continuamente beccare in comportamenti di illegalità e corruttela, e soprattutto non governa. Proprio in questo momento ci vorrebbe una forza politica. Una qualunque. E purtroppo, proprio in questo momento, la storia del PD, basata su 70 anni di bugie e di non-detto, propone un leader come Matteo Renzi. Costui propone cose vecchie con un nome nuovo, cose che non funzionano. Il suo compito storico è, ovviamente, evitare di cambiare qualunque cosa, lasciare che il treno prosegua a folle velocità verso il baratro, mentre lui racconta che va tutto bene. I militanti sono probabilmente disperati, e litigano su regole, su intrighi, su personalismi, perché non esiste più una idea guida della politica. Capiscono che il Grillismo sia la fine della civiltà ed il possibile inizio di un’ellenizzazione dell’Italia. Capiscono che Grillo compirà il progetto di Monti di far fallire il Paese, per consegnarlo a chissà chi, ma non sanno come evitarlo. Come aiutare? Posso consigliare a questa gente di leggersi la Nota Aggiuntiva del 1962? Di leggersi gli interventi di Ugo La Malfa al FMI, di capire la sua proposta di politica dei redditi e di scommettere sui punti di forza del Paese: un’industria altamente concorrenziale sul piano tecnologico e scientifico, con capitale partecipato dello Stato, per dare più forza? Di scommettere sulla vocazione agricola e turistica di un Paese meraviglioso? Di capire che con le grandi potenze bisogna collaborare, ma pragmaticamente, facendo però i nostri interessi, e non usando i soldi altrui per sostenere piccole beghe di condominio, come fanno i politici attuali? Esiste qualcuno che abbia la preparazione, la credibilità e la voglia di riscrivere la storia dell’Italia postbellica, basandosi sulla fine della menzogna sulla Guerra Fredda e sulla finta dicotomia tra PCI e DC? Esiste una speranza per la nascita di una Forza Politica vera? Possibile che la scelta sia tra Matteo Renzi, Beppe Grillo e Matteo Salvini? Dobbiamo davvero arrivare alla fame per svegliarci? Fino a quando continueremo a coltivare la sciocca superstizione che basterebbe poco perché le cose andassero bene e noi potessimo tornare al nostro egoismo?
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