Il prato verde in cui sbocciano speranze – come recita la canzone di Franco Migliacci portata al successo da Gianni Morandi nel 67 – è l’immensa prateria degli affetti. Non se ne vede la fine, ed a volte si fa fatica a distinguere chi si muova al suo interno – specie se riteniamo di esserne esclusi (per prudenza, per paura, per pigrizia) e quindi scrutiamo da fuori, elaboriamo strategie, costruiamo difese e tentiamo azioni predatorie invece di correre nell’erba dimentichi delle nostre debolezze e dei nostri limiti. Eh già, i limiti. In quella prateria non ci sono recinti, se non quelli che indica la natura: se distruggi, ti alieni la sostanza stessa del tuo sostentamento futuro. Noi vogliamo esserne agricoltori ad ogni costo, piazzare paletti, dare i nomi alle piante, definire come e quando crescano, inventare regole per rendere la prateria un’immensa gabbia in cui ciascuno, moralmente, debba comportarsi al contrario di quanto suggerito dalla natura. Basterebbe essere rispettosi di noi e degli altri ed accettare che tutto possa mutare continuamente, e che la stabilità degli affetti si chiama “intimità”, che è il contrario di un limite, è un potenziamento della libertà, perché include fiducia, complicità, orgoglio l’uno dell’altro. Ma noi italiani crediamo a Gianni Morandi e, quindi, rinunciamo agli affetti e preferiamo la disciplina della coppia basata sul controllo e sul potere, oppure l’indisciplina della guerra di corsa, basata sul fascino e l’uso. Si cerca un “partner” (come se si parlasse di affari, giusto?) che ci sia inferiore e si abbia la sensazione di poter controllare e disprezzare prima che ci faccia soffrire… Una sola cosa abbiamo in comune: si soffre in troppi (non tutti, conosco persone che ce l’hanno fatta) e ci si invidia l’un l’altro, considerando l’equilibrio del reciproco fallimento come la cosa più vicina all’amore che noi si creda di poter conoscere. Quindi? Quindi da soli, che è meglio. Come diceva Giorgio Gaber: “credimi, da soli si sta male, ma in due è un esercito”. Specie se si vive insieme in una casa, dove “non c’è niente di buono, appena una porta si chiude dietro a un uomo” o una donna. Ma vallo a far capire a chi si nutre di paura, pigrizia ed invidia… o a chi se ne accorge quando è troppo tardi e tutti i treni sono partiti, e non resta che un’ansia aggressiva e patemica…

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