Sono stato a sentire La Scala Shepard all’Alvarado e ne sono uscito conquistato. Su Youtube avevo visto un paio di cosette, ma assolutamente non rendono merito alla band di Alberto Laruccia, Michele Santucci, Lorenzo Berretti, David Guido Guerriero e l’attrice e cantante Claudia Nanni. Visti lì in quei video compassati paiono un combo di ska pancreatico un po’ spompato e ginnasiale. Nulla di tutto questo. Andate a vederli di persona. Michela Cohen mi aveva avvertito, lei ci era arrivata tramite Rebecca Righetti, ed hanno avuto ragione. Sicché abbiamo convinto anche Vladimir e Claudio, che pure sono rimasti davvero impressionati. Primo: la band picchia durissimo, sia quando ha momenti Negramari, sia quando infuria il rockabilly (sono meravigliosi quando lo fanno) o vola da Buscaglione a Max Gazzé senza passare dal via. Secondo: sul palco questi ragazzi hanno una padronanza del silenzio e delle pause che ti fa pensare che suonino insieme da almeno 15 anni. Sono pochissimi coloro che sanno suonare il silenzio e le pause. Li ho trovati maturi, roboanti, catastematici. Terzo: niente punk, niente garage rock, niente “semo de borgata quindi sonamo solo du accordi come quer pezzentone de mannarino”. No no. Mica solo LA minore e MI maggiore. Questi ragazzi sanno tutti suonare per davvero, e sono tecnicamente dotati e versatili! Dentro ci senti alcuni giri di Paolo Conte, un briciolino di Saturnino, due prese di Stefano Rosso, una di Peter Nalitch, tanto Lucio Fabbri d’annata e quindi anche una generosa spennellata di Stradaperta, quando Antonello Venditti era ancora un criminale comune e Renato Bartolini e Lamorgese erano la punta di diamante di una possibile scuola di cantautori rock di Roma che poi, suicidatisi loro, non è mai esistita. Le cover di Conte, Ruggeri e Nino Ferrer sono carine davvero, ma i pezzi loro sono la parte migliore, specie una ballata cantata da Claudia Nanni ed un brano su Chicco e Spillo, che è talmente complessa da aver portato chi faceva i suoni a cancellarne (purtroppo) la parte migliore. La presenza sul palco è tonante, temporalesca (di nuovo le pause ed un batterista coi fiocchi), ed i testi (udite udite) sono intelligenti. Intelligenti vi dico. La canzone sui viaggi della speranza attraverso il Mediterraneo e lo scherzo su Berlino sono piccole perle. Quanto alla canzone sull’abbandonare l’Italia: Giovanotti, ma per caso siete stati su ed avete ascoltato Tocotronic ed i vecchi dischi di Die Sterne? O magari persino Die Aeronauten? Ma siamo impazziti? Una band italiana davvero tanto strabiliante? Temo di si. Speriamo di portarli al Festival Gabriella Ferri, il 17 settembre. Grandiosi.

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