Nel frattempo abbiamo capito che i cosiddetti Antichi non erano più semplici ed ingenui di noi. Il motivo per il quale amavano l’Epos e non conoscevano ancora il Romanzo Borghese, penso oggi, è perché, come noi ora, vivevano in una società violenta, disperata, iniqua, nella quale la stragrande maggioranza delle persone non aveva accesso né all’informazione, né alla cultura, né al benessere economico, ed era una società politeista ed estremamente laicizzata, in cui la morte veniva considerata la fine, ed i “buoi motivi” per morire erano un lusso per pochissimi. L’Epos dava un carattere unitario alla cultura, una morale, un senso di appartenenza e, quindi, un senso profondo alla vita. Un senso diverso da quello della società borghese, alla ricerca di una via individuale dalle miserie del Medioevo. L’Epos costruiva certezze. Oggi, guardando cosa producano la letteratura più diffusa (da Fabio Volo in poi) e la fiction TV, si intravede chiaramente una voglia sterminata di Epos, di univocità, di chiarezza, di fede. Come nell’Epos, tutte le contraddizioni della vita laica vengono menzionate e sterilizzate – ma non per ottenere un messaggio di adesione sociale. Tutto viene ridotto alla celebrazione deli impulsi animali come gli unici “veri”. Non importa quale sia il plot, ci dev’essere una storia di sesso. Ma non me ne lamento, non sono bacchettone (spero) ed adoro le storie d’amore a lieto fine, se non troppo banali – e nemmeno sto qui a scrivere a dire che questa tendenza sia sbagliata. Anzi, finché l’essere umano impara ed utilizza la capacità di leggere e scrivere, va tutto bene. Il ragionare verrà. Anche perché, dopo la morte del giornalismo e della politica, la letteratura è l’ultimo modo rimasto per raccontare qualcosa che assomigli alla realtà in modo che possa essere capita.

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