Un mafioso del Clan Carminati accusa Francesco Totti: avrebbe pagato dei vigili urbani perché scortassero i suoi figli, minacciati di rapimento. Nella stessa giornata gli organismi di controllo internazionale del doping sostengono che TUTTI i russi sono strafatti fino alla punta dei capelli, e Sandro Mazzola ammette che anche l’Inter dei suoi tempi fosse composta da tossici mutanti. Tre brevi considerazioni. La prima: credere che esista uno sport “pulito” contrapposto a quello “sporco” non è solo ingenuità, ma cecità da tifoso. La seconda: i soldi non sono tutto. I figli sono di più. Se io, essendo Francesco Totti, trovassi un modo semplice per evitare che facciano male ai miei bambini, pagando i vigili che sono comunque a libro paga dei mafiosi che me li volevano rapire, lo farei – perché non avrei nessuna fiducia nella possibilità che, denunciando le minacce ricevute, qualcuno difenda in modo efficiente la mia famiglia. La vita di Daniele De Rossi è un esempio tragico di quanto sia sottile la paratia che separa lo sport professionistico dalla criminalità organizzata. La terza: devo chiudere gli occhi e dire: inutile fare del moralismo, le cose sono come sono, ora e sempre Forza Roma, un Capitano c’è solo un Capitano e poi non capire che l’attacco agli atleti russi (e non a quelli cinesi, per esempio, che da anni, quando fanno pipì, incendiano la toilette) sia una prosecuzione con altri mezzi dell’embargo economico? Sarebbe facile dire che la società è giunta ad un punto di non ritorno. Finché sullo sport si potrà scommettere, le cose peggioreranno. Fare spallucce significa fare benaltrismo, una malattia tipica di noi europei. Non si può nemmeno tornare alla vecchia divisione tra dilettanti e professionisti – si fanno tutti come scimmie interplanetarie. Ma la gente vuole vedere ed applaudire Usain Bolt e Cristiano Ronaldo. Sia a Roma che tra gli Elleni, la corruzione sportiva era la regola. Guardate alle tradizioni del Palio di Siena, se volete parlare di come andassero le cose nel Medioevo. Solo negli ultimi cento anni abbiamo raccontato la favola che, con lo sport, il povero e l’emarginato possa raggiungere il successo senza sporcarsi. Allora smettiamo di raccontare favole, e diciamo che lo sport è un immenso circo mediatico e spettacolare, che gli atleti sono clowns, e che tutto questo circo ci permette di tenere calmi milioni di disperati che, se non avessero questo, si ammazzerebbero come cani per strada. E quindi tifiamo Valentino Rossi o chiunque altro, senza aspettarci da chicchessia null’altro che spettacolo. E cerchiamo di riportare la cultura nella società, prima che ci voglia un’ecatombe bellica per creare mezzo secolo di moralità, seppur in un oceano di cinico moralismo.

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