Non saprò mai se, percependo la mia voce, mi abbia mai ascoltato davvero. So solo che io la ascolto ancora, ed imparo ancora. Mi parla di quella parte del cielo cui ho deciso da sempre di non credere, come se la psicologia fosse qualcosa cui aggrapparsi, quando i dubbi ti hanno sbattuto in faccia la vera solitudine. Ma se le capita di remare fino a quella spiaggia, salta in mare e nuota inseguendo la risacca della forma, anche se è sempre più lenta, perché almeno una cosa, anche se ancora la nega, spergiurando di fronte alla Corte, l’ha capita. Senza contraddizioni nessuna realtà, nessuna verità. Così il bene, e la grande attenzione che le porto, sono anche una fastidiosa puntura d’insetto, ed è stato lungo l’apprendistato per imparare quando fare un passo indietro – quando capisci che devi ignorare il tuo ritmo, il tuo bisogno, ma seguire il suo, anche se ti sembra anomalo. Ma per fortuna oggi sono abbastanza vecchio per essere annoiato dalle mie dinamiche. Non saprò mai, dopo ave imparato a distinguere tra sorrisi di caldo e di freddo, se quelli di addio siano tali, o solo stanchezza. Perché la sua stanchezza mi prescinde del tutto, ho scoperto. Ma mi ha detto che, finalmente, ho imparato a lasciare spazio abbastanza per avvicinarsi a me senza che io vada in fibrillazione o che blocchi più o meno coscientemente. Non ho diritto né necessità di sapere tutto, dice, e non è la sola. Va bene, ci mancherebbe altro. Ma giocando alle tre carte io perdo subito, perché mi annoio, e mi convinco che non ci sia la verità, sotto nessuna carta. Altre delusioni mi hanno insegnato che per vincere bisogna scendere ad un minimo comune multiplo che sta talmente in basso, che vale talmente poco, che non vale nulla. Ebbene? Ebbene niente. Ora sono veramente e finalmente solo e pulito. La vostra diarchia, che mi è costata sette anni di passioni, entusiasmi, slanci, disperati tentativi di capire e di adeguarmi, ha lasciato solo un immenso disgusto da un lato, ed una grande tristezza dall’altro. Come vedete, sono talmente lontano da tutti, da scrivere a me stesso su Facebook, che vuol dire aver raggiunto la perfezione dell’alienazione, perché nel nuovo mondo che abbiamo creato non ci sono più nemmeno le lettere, né il dolore privato. Che oltretutto qui non c’è dolore. Ci ho messo tutto ciò che avevo, e se non va, allora vuol dire che non poteva andare. Con te, che sei così prudente ed abitudinaria, ci ho messo più tempo, mentre l’altra, così fragile e bambina, rotolandosi nel fango della sua resa e delle sue piccole millanterie mi ha reso tutto più facile. Ma il risultato è lo stesso. Su certe cose, non c’è che dire, aveva ragione mio Nonno, ha ragione mio Padre. Almeno ci ho provato.

Lascia un commento