Per far nascere un figlio abbiamo bisogno di nove mesi. Per far nascere “Goldene He” Carlotta Piraino ha avuto bisogno di ancora più tempo, perché sentiva chiaramente come sarebbe stato una svolta e quanto sarebbe stato importante. E difatti ha portato con se sul palco Fabrizio Bordignon, che a mio parere è l’attore più bravo che io abbia visto negli ultimi dieci anni – senza davvero voler togliere nulla tutti gli altri bravissimi che ho avuto la fortuna di conoscere.
Ma andiamo con ordine, prima la storia vera. Helene Mayer, figlia di una ricchissima famiglia ebrea tedesca, fin da giovanissima si rivela una campionessa straordinaria e, per oltre un decennio domina la scena mondiale del fioretto femminile. Ciò nonostante la Germania nazista le toglie la cittadinanza mentre lei è a studiare in America. Helene, che in patria è da anni un idolo rappresentato in statuette d’argilla vendute ovunque e rappresenta per tutti l’ideale ariano di atleta (alta, bionda, occhi azzurri), di colpo viene esclusa a causa della religione del padre. Lei ricusa l’ebraismo ed ottiene di poter gareggiare per la nazionale tedesca alle Olimpiadi di Berlino del 1936. Ostacolata duramente durante gli allenamenti, arriva “solo” seconda, una delusione, e poi sta per essere nuovamente esclusa. Ma viene poi protetta da Leni Riefenstahl, che la porta con se negli USA, ed un anno dopo diventa campionessa del mondo, sempre per la Germania. Non servirà a nulla – deve rientrare in America, Hitler ed i suoi gerarchi non la vogliono tra i piedi. Nonostante la sua terribile nostalgia per la Germania, riuscirà a rientrare solo nel 1952, per poi morire di cancro un anno dopo. Insomma una figura complessa e controversa, contraddittoria e sofferta, che Carlotta tratteggia in questo che per ora è solo uno studio con cinque qualità straordinarie: a) esattezza, avendo Carlotta persino imparato a tirare di scherma, ma soprattutto sapendo rendere conto dei tratti personali più reconditi, delle sfaccettature più fini della ragazzina viziata dall’agiatezza e dal successo travolta da un destino inconcepibile; b) una fisicità estremamente politica, una qualità incredibile dell’arte di Piraino, che riesce a rendere anche credibile le mosse, le smorfie, le rabbie, le passioni, in un modo fisico ancor prima che verbale, ed a dare a queste caratteristiche una profondità generale, sociale – appunto politica. Anche in scene fortemente connotate fisicamente, la “Goldene He” di Piraino è più di se stessa, è l’archetipo di donna universale eppure unica, qualora venga gettata in quella situazione. Helene Meyer si lascia giudicare politicamente per la sua posizione sul nazismo (sono un’atleta, non dovrebbe riguardarmi) e per la sua posizione sulla lealtà ed altri valori apparentemente propagandati anche dal nazismo, cui lei non è affatto insensibile, ma che appaiono contraddetti e traditi proprio nella sua vicenda personale. Goldene He ne è inconsapevole a livello cognitivo, ma da atleta ne percepisce la portata a livello fisico; c) un senso dello spazio e del tempo antinomicamente perfetto, in cui l’esistere di una stanza versus il mondo, di una pedana versus la società (entrambe invisibili), di una relazione segreta con se stessi ed un ritmo avulso persino da quello dei Giochi, diventa l’effetto di straniamento sklovskiano che rende evidente allo spettatore come Helene cerchi di far parte di un qualcosa che la rifiuta – e Carlotta Piraino, in parte con l’espediente della proiezione dei film di Leni Riefensthal ed in parte con questo straniamento spazio-temporale, riesce a descriverlo senza parlarne, tranne nell’accenno al fatto che le sia stato negato l’ingresso ad una festa per gli atleti. Helene vorrebbe essere parte del tutto, ma non lo é mai, e lo capiamo da una serie di accorgimenti teatrali che mi hanno esaltato, tutti non verbali – ed il bianco e nero dei filmati fa davvero tremare i polsi, perché, essendo in bianco e nero anche la scena attoriale, di colpo perde il connotato temporale “passato” e diventa spaventosamente “adesso”; d) in “Goldene He” Helene Meyer divide la stanza con Heinrich “Dora” Ratjen, un atleta maschio costretti dal NSDAP, che voleva vincere il maggior numero di medaglie possibile ad onor proprio e della Gioventù Hitleriana, iscritto a gareggiare nel salto in alto come donna. Nella realtà i due non si sono mai conosciuti, ma Carlotta li mette insieme perché, in due, impersonano da un lato due figure opposte, ma a livello metatestuale sono una figura sola, quella della gioventù tedesca che, in crisi, cerca nel nazionalsocialismo un’appartenenza vincente che nella realtà borghese non sa e non può più trovare. In questo senso Fabrizio Bordignon è fenomenale: sa essere donna, debole, uomo, controverso, timido, esagitato, parossistico, ferito, violento, vittima e carnefice crescendo e rimpicciolendo come per magia, anche lui padrone di una fisicità che, accanto alla sua bravura verbale, ne rendono esaltate la recitazione; e) l’impossibilità dell’amore. Ora storcerete il naso. Uno dei grandi temi di Goldene He è l’impossibilità dell’amore, dell’essere accettato ed amato per ciò che si è, la necessità del sotterfugio nell’affettività, la crisi di una società che diventa tragedia dei singoli, ma anche della donna che aveva scelto il successo al posto di un banale sentimentalismo e si trova a scoprire che entrambe le cose le sono in ogni caso negate. Goldene He mette in scena due figure dolorosissime del nazismo, due figure le cui vittorie apparentemente più epiche sono altrettante sconfitte tragiche. Piraino non mette in scena una metafora del mondo contemporaneo, ma restituisce un nome, un senso, una geografia al mondo che oggi sta nascendo, indicando nell’apparente individualismo, che già ora sfocia nel bisogno fisico di appartenenza e di violenza, il segno dell’orrore a venire. Kerstin Köhler, che è venuta appositamente da Lipsia ed aveva accompagnato le prime ricerche di Piraino, era estasiasta per come Carlotta abbia centrato il mood anche e soprattutto della Germania di oggi, e con Ester Tatangelo si commentava appunto del fatto che “Goldene He” sia un monito ad una generazione, anche in Italia, che è pronta a menare le man i ed aspetta solo un catalizzatore. In questo quadro, ciò che dipinge Carlotta è un’impossibilità dell’amore nel quadro di una più ampia e terrificante impossibilità della vita. Non si agisce più, nemmeno essendo atleti specialissimi e fortissimi. Bisogna essere pronti, sempre pronti: al terremoto, alla decisione politica che ti toglie l’onore, alla squalifica ingiusta, all’esclusione, all’umiliazione, alla violenza. Ed ecco che il volo di colombe filmato da Leni Riefenstahl si tramuta nell’attacco degli uccelli impazziti di un famoso thriller di Alfred Hitchcock sugli uccelli. Carlotta Piraino, con Goldene He, ha disegnato la sua personale “Arancia Meccanica”, tracciato i confini della sua prospettiva sociale come sempre intimissima proprio nel momento in cui diviene generale e di tutti, ha filmato il contro-film di “Il Cielo Sopra Berlino”, ci ha tolto una speranza ma ci ha dato un monito, una direzione, una grandissima, profonda ed amorevole lezione di vita.

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