Vladimir Putin ha cancellato il suo viaggio a Parigi del 19 ottobre, ufficialmente a causa delle dichiarazioni del Presidente Hollande che ha definito i nuovi bombardamenti russi su Aleppo come crimini di guerra – cosa che effettivamente sono, senza dubbio. Ma Hollande intende ugualmente incontrare la Cancelliera tedesca Angela Merkel, in quel giorno, per discutere (ufficialmente) di Siria e di Ucraina. A cosa possa servire, se Putin non ci sarà, non si capisce. Oppure si capisce che questa sia lla superficie increspata di un oceano d’olio piatto che copre altro. Il 20 ottobre gli Stati dell’Unione Europea si incontrano per discutere la possibilità di imporre nuove sanzioni economiche contro la Russia, legate appunto alle questioni siriana ed ucraina. Reagendo a questa situazione, Angela Merkel ha proposto una cena, forse a Berlino, tra lei, Hollande, Putin e Petro Poroschenko, l’attuale presidente dell’Ucraina. Sempre per il 19 ottobre, prima della riunione degli Stati della UE. Il Presidente francese ha detto di aver ottenuto l’invito, e che ci pensa su. Alexander Orlow, ambasciatore russo a Parigi, ha detto che Putin ci verrebbe. Dal che si evince che della Siria, in realtà, non gliene frega nulla a nessuno, oppure che la questione siriana è legata in qualche modo a quella ucraina. Il 10 ottobre Putin ed Erdogan hanno siglato ad Istanbul un trattato per la cooperazione sul nuovo gasdotto, chiamato Turkish Stream, che porterà presto olio e gas russo in Europa, senza passare dall’Ucraina. Una rivoluzione. A partire dal 1959, la Russia esportava gas e petrolio attraverso il Nefteprovod Družba (Oleodotto dell’Amicizia), il gasdotto lungo 4000 chilometri che unisce la Russia e tutti i Paesi di quello che fu il Patto di Varsavia. In particolare, il punto di uscita di Bratislava è stato per oltre 40 anni il punto chiave per le relazioni tra Est ed Ovest, perché da lì arrivava il gas russo che è stato alla base per la fine della barzelletta chiamata Guerra Fredda, perché noi lo compravamo a prezzi stracciati ed in cambio vendevamo prodotti agricoli, meccanici, chimici. L’unico gasdotto alternativo, quello che da Baku portava a Ceyhan (Turchia), finito nel 2006, non basta a portare l’immensa quantità di gas russo che noi consumiamo – e di cui abbiamo bisogno per non farci ricattare troppo dagli Arabi. L’Oleodotto dell’Amicizia è stato per decenni alla base dell’economia ucraina. L’azienda petrolifera di Stato, Naftogaz, ha avuto fino al 2006 il diritto di intascare una piccola tassa sul gas ed il petrolio mandati dalla Russia all’Europa, pagando poi il gas che consumava ad un prezzo irrisorio (50 dollari per mille metri cubi, mentre il prezzo di mercato oscilla tra 230 e 250 dollari). Nel momento in cui, nel 1993, Viktor Juščenko è stato eletto Presidente a Kiev ed ha smesso di pagare persino quella piccola cifra (spinto dalle promesse francesi che avrebbero avuto gas allo stesso prezzo da Greenstream (Libia-Italia) e Medgas (Algeria-Spagna), un’iniziativa voluta per giustificare il nuovo Oleodotto francese che arriverà a Chevallaz da Algeria, Libia e Nigeria – e la cui entrata in funzione, dopo i casini combinati in Libia, è stata “rallentata”. Insomma, l’Ucraina è stata illusa e poi lasciata cadere – ed ora Putin la vuol far pagare a tutti. L’Unione Europea avrebbe dovuto imporre alla Francia un atteggiamento diverso. Questa crisi attuale non è altro se non l’ennesimo blow-back della ferocia sciovinista francese, una ferocia imbecille che è costellata di incidenti assurdi (come il presunto attacco jihadista alla redazione di “Charlie Hebdo”) e che ha trasformato la Libia in un olocausto di violenza, e sta costringendo tutti a trattare con Erdogan in un modo in cui è umiliante e disumano farlo. Di fronte a questi fatti, mi chiedo continuamente a cosa serva la Signora Mogherini, se capisca ciò che accade, o sia telecomandata da chissà chi. Perché del fatto che a noi cittadini vengano raccontate favolette mi importa poco, lo capisco. Ma la signora Mogherini, perbacco e perdinci, dovrebbe fare il mestiere per cui è stata pagata, e dire qualcosa. Fare qualcosa. Costringere Bruxelles almeno a parlare di queste cose. Perché se la crisi la dovesse risolvere la Signora Merkel, allora possiamo dire addio ad una nuova politica economica per l’UE, di cui abbiamo bisogno per non affogare, perché lei sarà abbastanza forte per imporre il proprio anelito alla sopravvivenza (che la obbliga a mantenere l’eccesso di introiti della bilancia commerciale tedesca per evitare un’ulteriore e pericolosa crescita dell’AfD), e noi saremo troppo deboli per iniziare a difendere la Grecia ed il Portogallo (e successivamente noi stessi) dalla violenza barbarica di Parigi e Berlino sulle crisi di quei Paesi. Aggiungo questo: applicare nuove sanzioni contro Putin sarebbe un nuovo tentativo di suicidio. Finora Matteo Renzi si è opposto a questa ennesima minchiata. per questo, secondo me, stavolta a cena non lo invitano.

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