A volte il riserbo professionale è una punizione. X ed io stiamo lavorando sulle marachelle di un rampollo oramai quarantenne di una ricchissima famiglia indiana che, dopo aver combinato guai assurdi nelle aziende del clan, ed essersi sputtanato anche come contrabbandiere a Dubai, pare si sia trasferito in un villaggio di 2mila anime, in riva ad un laghetto dell’Armenia, al confine con la Turchia, nella speranza di entrare a far parte del grande giro di coloro che fanno i soldi con Da’esh. Fin qui si tratta solo di un caso che dimostra che le mamme all’italiana combinano guai anche a Mumbai. La famiglia in questione ha tre capostipiti, ognuno dei quali ha almeno cinque figli, ognuno dei quali ha generato una pipinara querula e pigolante di uomini e donne convinti di avere diritto a tutto. Ma alla guida dell’Impero rimane un nonno all’antica, una persona seria e con in mente il business prima di tutto. Le nipotine volevano un’azienda che le portasse a Bollywood o le facesse entrare nel magico mondo della musica elettronica? Ma ci mancherebbe altro! Tutto per le mie nipotine adorate! Così ha fondato una società con altri tre uomini d’affari, anche loro con famigli pigolanti ed in cerca di fama. Il primo vende gelato e surgelati per i chioschetti sulle spiagge di tutta l’India. Il secondo vende agli stessi chioschetti superalcoolici ed ha l’idea che la neonata società possa vendere il pacchetto completo per le discoteche in spiaggia: gelato, cibo apparentemente “giusto”, alcool a fiumi, bibite strane e obnubilanti, e poi anche il DJ. Un affare. Ma non bastava. Per questo hanno preso a bordo un anziano signore, che in realtà voleva ritirarsi dal commercio, che nel suo curriculum riforniva di “mix chimici” l’Ashram di Pune e quello nell’Oregon di Baghvan Shree Rajnesh – che in Italia tutti conoscono come Osho. In questo modo il fornitore di droga di Osho, incastrato negli Stati Uniti nel 1981 per traffico di stupefacenti e per aver venduto bevande che portano alla pazzia ed alla morte, spostatosi dopo la morte del Profeta a Pune a vendere le sue pozioni mefitiche, si ritrova oggi ad essere il tutore delle pulsioni artistiche dei figli dell’aristocrazia finanziaria, industriale e commerciale di Mumbai. Questi sono i (pochissimi) momenti in cui credo sia meglio vivere in una “cultura” in cui la punta dell’iceberg sia Vasco Rossi e la merda per gli spostati si chiami Modà, Negramaro o LIgabue.

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