Il suo compagno, Ronald Rees, era appena morto in un incidente aereo. Lei, Loreena McKennitt, si era chiusa nella sua casa di Stratford, al confine tra l’Ontario e le fabbriche di Detroit. Quando l’aereo era caduto, lei si trovava in Inghilterra, negli studi di registrazione di Peter Gabriel, Lei, per ore, lo aveva chiamato, lui non aveva risposto. Lei era rimasta in piedi tutta la notte, finché non arrivò la notizia ufficiale, alle 3 del mattino del 19 luglio 1998. Quella mattina ero a Parigi, nelle ore precedenti la Polizia Francese aveva sequestrato quintali di medicamenti proibiti e materiali tecnici negli hotel in cui dormivano gli atleti che stavano partecipando al Tour de France, dovevo scrivere un articolo. Avevo inutilmente tentato di chiamare una donna in Turingia, che mi odiava quando partivo (e per tutta la vita avrà paura a farlo) ed ancora di più quando tornavo, vestito di un sorriso e pieno della gioia di rivederla. Parlare di sentimento era proibito. Ascoltavamo questa meravigliosa artista canadese mentre cucinavamo, o giocavamo con i bambini, oppure lei cuciva ed io leggevo un libro, nella quiete di una meravigliosa e sprecata estate di venti anni fa, quando ancora non avevo idea di quanto la vecchiaia e la solitudine fossero vicine. E lacrimavo, segretamente, quando Loreena cantava Greensleves, che era la canzone preferita della mia mamma, morta pochi anni prima, senza che avessi potuto spiegare, chiedere, fare pace – il destino di quasi tutti noi, che ci crediamo unici ed invece siamo gocce di un fiume gelato, difficilmente distinguibili l’uno dall’altro, banali, che quando il caldo dell’amore ci scioglie tendiamo a sparire, essere il fumo che meritiamo di essere. Questo disco uscì nell’autunno dell’anno dopo, ed io volevo regalare, a costei, un concerto di Loreena, che però non cantava più, era morta dentro, perché lui non c’era più. Le regalai il CD e lo ascoltammo di notte, in silenzio, dopo che le avevo detto che mi ero innamorato di una ragazza di Lipsia, e che non sarei mai più tornato. Lei, con gli occhi rossi di ansia e di pianto, come sempre disse che era felice per me. Io non avevo più nulla da dire. Ma Loreena McKennitt riusciva a costruire quel ponte impossibile tra le nostre impotenze, perché l’onda quieta e gonfia, nera e glaciale, di questa musica, ci abbracciava entrambi. Quella notte ho imparato che il vero amore resta incompiuto, avvolto come sei nello Skagerrak della tua anima, stupidamente immerso nel grigio e nel nero che non si fermano un momento, e che ti portano per sempre via da lei, come gli anni. Se avete un’anima malinconica ed un amore mai nato per lo spavento, questo è il capolavoro che vi accompagnerà, con una tazza di tisana fumante ed il sudore misto al pianto, mentre il Caronte della vostra età vi consegnerà alla consapevolezza.

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