Una passeggiata al buio, sotto una coltre nebulosa in cui la pioggia si amalgama con la condensa, così da rendere ocra le pareti, i lampioni, le panchine, le persiane. Lontano, si sente il temporale che impazza e strafulmina. Altrove, dopo averci regalato una giornata di rugiada ovunque, nel prato e nel cuore. Ken Hensley canta. Milioni di volte. E la memoria torna ad Offagna, a quella notte in cui la suonammo insieme e lei disse: “Non voglio essere colei che rovina un matrimonio”. In un istante, invece di pensare al suo odore, mi rannicchiai nel pensiero di mia figlia Valentina. Naturalmente, non accadde nulla, mai più. Guardavamo la pioggia che cadeva sugli alberi di Zähringerplatz, e non dicevamo nulla. Il tempo era passato. Come al solito, io combinai un guaio per creare l’occasione di non vederci mai più. Recentemente suo marito è morto, dopo aver lottato con tutte le sue forze contro il cancro. Lei è invecchiata di colpo. Ha scoperto che negli ultimi anni lui aveva scritto un libro di poesie su di lei, e fece in modo che uscisse postumo. Dev”essere stata una ghigliottina di dolore puro. Ha pubblicato una foto con un sorriso ufficiale, quelli che paiono coprire il nulla che ti divora, millimetro dopo millimetro. Pioggia, ed ancora Ken Hensley. Seduto su una panchina, a pochi metri da casa, mi infradicio di lacrime di stelle, e salto alla prima volta in cui avevo sentito questa canzone, al Lido dei Gigli, in una di quelle giornate di pioggia in cui il brecciolino diventava pericoloso per la bici, e la sabbia in spiaggia dura. E via di nuovo, sul campo di margherite alla fine del bosco di Kloten, sdraiato a raccogliere in me l’elettricità del temporale incombente. Per un momento vorrei salire su in auto e viaggiare fino ad Oporto, e prendere domani una frittata come i Pereira di Tabucchi. Ma sono vicino alla fine, non ho più l’energia per una follia come questa. Risalgo le scale di casa, gradino dopo gradino, e mi lascio fumare dal vapore, di fronte alle persiane spalancate, in lontananza il mare. Mamma, guardami. Guarda quanta strada ho fatto. Tutto da solo. Non sono stato bravo? Il picchiettio riprende, ora sono nuovamente gonfio di voglia di essere e di gratitudine. Sembra che la malattia mi stia abbandonando. L’Universo mi ama.

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