– Stupenda lite ferragostana nel circoletto delle vedovelle piemontesi. L’una sostiene di aver indossato un vero indumento di Christian Dior, l’altra esprime un dubbio, perché vede un’etichetta emergere da una manica. La prima se ne esce con una serie di insulti degna di un liceale medio delle magistrali alla seconda bocciatura per analfabetismo, la seconda attacca Lurch (che si chiama Gabriele, ho scoperto) e grida: tutto perché io voglio voler bene a tutti. A tavola c’è anche un’avvocatessa divorzista (sempre torinese) che chiede di analizzare il contenuto dell’etichetta. La befana numero uno lo strappa sprezzante (non dimostrerebbe nulla!) e, così facendo, danneggia seriamente il vestito. Urla. Davvero: urla! Una terza s’interpone: avevamo stabilito che ogni giorno ci saremmo presentate a tavola vestite tutte dello stesso colore. Oggi era il bianco. Invece voi siete in grigio o avorio, sono l’unica che si sia comportata da donna onesta! Presumo che, dato che l’integrità sessuale del consesso non sia mai più stata messa in pericolo da almeno 40 anni, il concetto piccolo-borghese di onestà sia sdrucciolato su altri territori del pensiero filosofico e della sua trasposizione nel quotidiano. Vengo coinvolto, ma affondo nel mio libro e non rispondo. Mi si accusa a viva voce: voi Romani non volete mai prendervi le vostre responsabilità. Taccio. “Signor Paolo, ma la sente quella megera?” Taccio. “Dottor Fusi, lei mi ha dato della megera. Lei è d’accordo con questa donna indecente”. Lurch chiama aiuto. Arriva la padrona dell’hotel, che cammina appoggiandosi ad un bastone e ad una faccia da tregenda perpetua che lascia immaginare una vedovanza millenaria. E’ vestita in verde e blu. Batte il bastone per terra e grida: Signore! Quelle, con le loro voci da nobildonne torinesi della mia ceppa, ciabattano e paperacchiano tutte contemporaneamente. Gli squittii rendono impossibile qualsiasi altro suono. Mi alzo e me ne vado più veloce che posso, rinunciando a una crema di mirtilli con semi di garofano. Mi nascondo su una poltrona vicino al camino (spento), che è la più lontana possibile dall’accadendo. Dopo cinque minuti Verena entra nell’hotel, in borghese. Sembra nervosa e non fa che torturarsi le mani. Le sorrido e la invito a sedere. Passiamo un’ora bellissima in cui lei mi racconta gli amori, le delusioni, le discussioni con i genitori, i dubbi, i sogni di una splendida diciottenne dai timidi occhi grigi e – come sempre più ragazzini – senza veri genitori alle spalle. Riesco a farla ridere, a tranquillizzarla sul futuro, mi permetto di sostenere che le sue storie d’amore fino ad oggi verranno superate da quelle del futuro, che il fatto di sapere quattro lingue sia ancora oggi un asso nella manica. Alla fine siamo in imbarazzo perché quelle minchione delle torinesi ci stanno intorno e fanno commentini stronzi sulla giovane a caccia di mariti ricchi. Mi alzo e dico: siete delle vecchie arpie invidiose e volgari. Si vede che non avete mai lavorato un giorno in tutta la vita, parassiti volgari e scortesi. Non capiscono. Verena è tutta rossa in viso e fa per andarsene. Quelle aspettano, e mi scappa: ma annatevene tutte affanculo. Pif. Verena va e ride. Le gianduiotte sono esterrefatte. Aspetto che Verena scompaia, poi me ne vado anch’io. A partire da quel momento tutto il team terapeutico mi da del tu. Big in San Marino tonight. Ora fanno vedere in sala un film di Carlo Verdone. Le torroncine sono vestite in blu e mi hanno salutato come nulla fosse. Io invece devo lavorare. E poi ho il mio progetto segreto, che sono stato costretto a rinviare a domani. A cena resti di squalo ciancicato da altrui mascella in crema di limone, cancellino alla carota con zucchina ingannata, pesche con bricioline di marmellata di pesca – che ci stava bene, stranamente. Sono di nuovo allegro. Ho passato un’ora con un dirigente del PD di Conegliano Veneto che viene dal PCI. Mi dice: da noi le persone serie si suicidano, i coglioni seguono Renzi o la Leganord. Io resto ciò che ero e mi compro braccialetti di cuoio e ci metto le perline, come da ragazzo. Il nostro contatto con la realtà è andato perduto. Torniamo bambini. Torniamo?

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