Ci sono cose che abbiamo sentito o letto che ci hanno impressionato talmente che, col tempo, iniziamo a credere di averle pensate noi stessi. Così almeno è per me, a volte – ed in questo caso, rileggendo a distanza di decenni “La nausea” di Jean-Paul Sartre, mi sono imbattuto in un frammento che credevo fosse un mio ragionamento di quando ero ragazzino, ed invece… “affinché l’avvenimento più normale divenga un’avventura, è necessario e sufficiente che ci si metta a raccontarlo (…). Ma bisogna scegliere: o vivere o raccontare. Per esempio, quando ero ad Amburgo con quell’Erna di cui non mi fidavo ed aveva paura di me, menavo un’esistenza strana. Ma c’ero dentro e non ci pensavo (…). Poi, una sera mi misi a raccontarmi di noi (…). Allora ho sentito acutamente che avevo un’avventura. Ma Erna è tornata, mi si è seduta accanto, m’ha circondato il collo con le braccia ed io l’ho detestata (…): bisognava ricominciare a vivere e l’impressione dell’avventura era finita. Quando si vive non accade nulla”. Per questo ripeto stesso che il momento dell’assoluta verità è sul palco, facendo teatro, quando la vita e l’avventura diventano una cosa sola, sincronica, compiuta. Da quando lo so (ed ero proprio un ragazzino) ho saputo che essere lontano dal palco mi condannava ad una solitudine intollerabile, perché mi separava da me stesso. Non si tratta di affettato narcisismo, non importa se il pubblico applaude, non importa nemmeno se c’è un pubblico (se fosse altrimenti, nessuno si suiciderebbe più). Importa il fatto che spinse grandi pensatori ad avvelenarsi con il positivismo ed il determinismo, che spinge i deficienti a far parte delle sette ed uccidere e sbraitare in nome di Allah, del popolo padano, della squadra del cuore, della Patria o di qualunque altra proiezione psicotica. Senza avventura la vita diventa frustrazione, rabbia, rinuncia, noia, fascismo. Senza vita l’avventura diventa televisione, rito vuoto e ripetitivo, celebrazione dell’incomunicabile solitudine. Solo il teatro, quello buono, salva l’essere umano dalla schizofrenia e dalla depressione. Oppure a Sartre preferite Volo, Tamaro o qualche altro struscicabarattoletti, allora statemi lontani, che mi fate paura.

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