– Oggi era giorno di partenza e di arrivi. A cena tanti volti nuovi e quasi nessuno di coloro cui mi ero abituato. Lurch ha badato bene che non ci fossero episodi gravi di nonnismo, ma la tendenza era nell’aria. Nessuno di noi vecchie glorie si è recato nelle sale del centro terapico a vedere le reclute ed a sorbirsi di nuovo le informazioni per i pivelli. Anzi, abbiamo fatto in modo di essere a tavola insieme prima che codeste persone potessero avere il tempo di scendere a cena. A proposito del cibo, dopo i fasti di ieri, oggi quasi solo nefasti. E’ davvero impressionante vedere cosa possa ottenere la moderna tecnologia unendo dietetica, chimica e metallurgia industriale. Ci vengono presentate delle zucchine (scottate col Becco di Bunsen) con un ripieno di polistirolo espanso, fiocchi di amianto e salsa di trucioli di baobab mischiata a yogurt di tofu. Un miracolo di nientismo unito al nullismo più sfegatato. Poi qualcosa chiamato patate al cartoccio, che consisteva in vere patate, giustamente condite con panna acida come si usa da noi in Krande Cermania, ma con una salsa allungata con sciroppo di pappagallini vergini, profumati con brezza di zoo comunale. Del resto non siamo qui per divertirci. A tavola, a pranzo, il circolo delle gianduiotte (quelle purtroppo restano) si dedica ad un tema appassionante: lo shopping compulsivo. A loro si è aggiunta una fattucchiera napoletana vestita con gli zatteroni usati da Elton John in Goodbye Yellow Brick Road ed una gonna da Vanna Marchi in vacanza a Tufello Marina Beach, che fungeva da conferenziera. Il tema: un vero shopping compulsivo, che è una benedizione per chiunque lo faccia, deve costare almeno 500 € ad uscita. Sotto quella cifra non si chiama shopping, ma fare la spesa, e fare la spesa umilia la popolana china sotto il peso di una famiglia che la tortura, mentre loro sono un altro tipo di donna. Si sono sempre date un gran daffare per far soffrire i loro mariti e convincerli che uno shopping compulsivo fosse un prezzo minore ad averle in giro per casa. Semmai hanno avuto dei figli, hanno badato bene di affidarli a badanti filippino-rumene speciali chiamate tate, ma disprezzate allo stesso modo, dalle quali ci si aspetta che ad una data età insegnino ai pargoli la brutalità e gli afrori del sesso come fatto dai belluini proletari. Ascoltavo come inebetito. Se ne sono accorte ed hanno fatto guisa di essere offese, ed una ha “sussurrato”: che uomo pettegolo. Nel frattempo ho messo in atto il mio progetto criminoso segreto. Nell’ascensore dell’albergo ci sono tasti per i piani dallo 0 al 4. Io vivo al terzo piano ed una sera, per disattenzione, ho premuto il quarto. Nulla. Ho premuto ancora. Nulla. Poi mi sono accorto del mio errore e sono salito al terzo piano. Accanto all’uscita dell’ascensore c’è una rampa di scale verso l’alto. Ho chiesto a Verena cosa ci fosse al quarto piano. Lei è diventata rossa e mi ha risposto: nulla, qui non esiste un quarto piano, l’ascensore ha la tastatura sbagliata. E le scale, allora? Lei risponde: quelle sono vietate agli ospiti, non devi salirle. Ebbene, l’ho fatto, violando un tabù, una legge, rischiando la vita o addirittura il pasto. Il quarto piano esiste, io ci sono stato, e sono riuscito a tornarne indietro incolume. Lo giuro. Ma ve ne parlerò un altro giorno, perché devo finire di lavorare e stasera sono stanco. Baci.

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