Oggi ho avuto la riprova di una cosa che da anni ripete mio papà. Non che io sia mai stato in disaccordo con lui su questo, semplicemente mi sembrava che un unico esempio, quello della morte della mia mamma, non fosse sufficiente per enunciare una legge naturale. Anche stavolta aveva ragione mio papà. Sono stato al funerale di un uomo di 85 anni, in un paesino idilliaco del Nord Italia, cui mi sentivo molto legato. Per come l’ho conosciuto io era un uomo schivo, di un’intelligenza brillantissima, di un sapere enciclopedico, di una curiosità insaziabile. Come tutti noi, credo che fosse prigioniero della sua educazione e della sua storia personale, per cui ho avuto spesso la sensazione che, per eccesso di pudore, per insicurezza o per pura mancanza di allenamento, avesse delle remore a dimostrare apertamente affetto. Avendolo io incontrato in un contesto slegato dal suo passato, essendoci fatta la prima linguaccia reciproca la prima volta che ci siamo visti, avendo io avuto un grandissimo rispetto ed affetto per lui e per sua moglie,condividendo alcuni dei suoi interessi e delle sue passioni, sono riuscito negli anni a godere tantissimo del suo consiglio, del suo senso dell’umorismo, della sua intelligenza e del suo affetto evidente. Ebbene, ho avuto l’impressione che la sua morte inneschi ora un processo centrifugo. Non posso dire molto di più senza rischiare di ferire l’amor proprio dei congiunti, cui mi sento legato affettivamente e cui devo lealtà e rispetto. Ciò che mi preme dire in questa sede è che solo ora, solo in questo giorno di dolore e di addii, capisco quanto lui fosse importante come collante per la sua famiglia. Non me ne ero mai accorto, ero stato (come spesso mi accade) cieco nel mio modo di relazionarmi allegramente con lui. Mi mancherà moltissimo. Ma credo che mancherà anche a coloro che fino ad oggi non sapevano di quanto lui sarebbe mancato a ciascuna delle persone che lo conoscevano meglio. Ho pensato alla mia famiglia, logicamente – ed al fatto che credo che tra noi sia il mio amato fratello Carlo a tenerci tutti uniti, ad avere quello speciale talento, anche quando è burbero, imbronciato o brontolone, di trovare l’atteggiamento e le parole giuste per riportarci tutti al centro della famiglia. Già. La famiglia. Diceva Giorgio Gaber: “loro scelsero la morte, ma non per una cosa astratta, come la famiglia, ma per una cosa vera, come la famiglia”. Peccato che per me sia troppo tardi. Peccato per il fatto che io abbia sempre cercato nelle persone sbagliate. Peccato per il fatto che io non sia mai stato abbastanza questo o abbastanza quello. Ma il Destino mi ha restituito mia figlia, le mie nipotine, mio papà, i miei fratelli, delle amicizie fortissime – il che vuol dire che,nonostante sia cialtrone e maldestro, anche in questo caso ho avuto fortuna. E comunque, Bernhard, non hai idea di quanto mi abbia fatto immensamente piacere riabbracciarti. Per tutte le altre cose, la vita è lunghissima, e comunque ho imparato a portare le persone importanti, come l’uomo di cui vi parlo, per sempre vive nel cuore.

Lascia un commento