Se guardate i dati complessivi dell’economia di queste settimane vedrete qualcosa che vi potrà sembrare sorprendente. I dati dell’industria sono ovunque (tranne che in Italia ed altri Paesi del Terzo Mondo) ottimi, specialmente il mercato dell’auto tira tantissimo, eppure il petrolio è sceso intorno ai 30 dollari al barile (sicché costa meno dell’acqua minerale), la borsa cinese è scesa del 18% in un mese e trascina tutti gli altri listini, le banche affogano. Come se le banche e la borsa agissero in modo completamente scollegato dall’industria. Questo accade per alcuni motivi semplici. Primo: la finanza (con le sue bolle speculative ed i soldi finti dei derivati) pesa sulle borse mille volte più che l’industria. Secondo: i problemi della Cina sono interni, soprattutto, e ne abbiamo già parlato. Terzo: nonostante il successo dell’industria automobilistica ed il conseguente bisogno aumentato di benzina, l’industria mondiale si sta lentamente riconvertendo ad usare sempre meno combustibile. Quarto, ma fatto più importante: ci troviamo nel bel mezzo di una vera e propria guerra. Da un lato l’Arabia Saudita, che è il più grande paese esportatore di petrolio del mondo, dall’altra tutti gli altri, ma soprattutto gli Stati Uniti, che in pochi anni con lo “shale gas” (ovvero il gas ottenuto con la frantumazione delle rocce) hanno quasi raggiunto l’indipendenza energetica ed hanno iniziato ad esportare. I motivi della guerra sono chiari: l’Arabia vuole cancellare i suoi concorrenti, e quindi inonda il mercato di petrolio, facendolo scendere così tanto, perché crede (forse a ragione) che i suoi concorrenti andranno a gambe all’aria – non potendo sopravvivere producendo petrolio in perdita. I Sauditi stessi, per continuare a crescere, avrebbero bisogno di un prezzo intorno ai 100 dollari al barile, come era prima – ma in questo momento hanno abbastanza riserve e sperano di reggere più a lungo. Così si spiega il motivo per cui si è fatto un accordo con l’Iran (che ora rovescerà nuovo petrolio sul mercato) e con la Turchia, perché nella sua cecità Obama spera che la crisi siriana danneggi Russia ed Arabia Saudita più degli Stati Uniti stessi. Ma il prezzo basso del petrolio sta portando al fallimento le aziende americane che commerciano lo shale gas, e qui le banche e le borse potrebbero perdere, in poche settimane, miliardi e miliardi di dollari, per cui stringono, tremano, calano. Perché tutto ciò è importante per noi italiani? Primo: Perché il governo sta usando il prezzo basso del petrolio per aumentare le accise e pagare il suo bisogno di cassa, invece che aiutare il mercato interno. Secondo: perché le nostre banche, MPS ed Unicredit in testa, sono in situazioni catastrofiche e non reggono alle sportellate delle Borse e dell’altalena delle divise, e quindi, se la situazione continua così, avremo presto altre banche fallite e disastri tra i clienti e creditori. Terzo: perché il nostro sistema industriale, non avendo più l’industria automobilistica, avendo venduto l’industria pesante, quella meccanica e quella chimica, non si giova delle condizioni attuali, ma importa a prezzi crescenti prodotti esteri, esattamente come un paese africano quale l’Angola o il Mozambico. Cosa fare? Incrementare e difendere il turismo, e poi tornare a zappare la terra, perché il prodotto alimentare italiano tira come non mai. L’unica alternativa praticabile è emigrare. Non sto scherzando affatto.

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