Quando ti accorgi che ciò dici e fai è irrilevante, scontato, noioso, ti accorgi anche che non sei più visto da chi credevi che lo facesse. Di colpo ti rendi conto che, in certi casi, la forza della tua proiezione genera ombre in chi di sta di fronte e non ha una personalità veramente forte. Una personalità, insomma, che aspetta di essere riempita di contenuti. In quel momento, dopo aver capito che avevi dato la caccia ad un fantasma, a qualcuno che non sa chi sia e che cosa voglia, ma aspetta che sia il corpo a dare direttive, ti ritrovi in una piscina che conosci bene, anzi benissimo (vero Baps?). Prima creavi commozione e struggimento, ora nulla. Perché sotto non c’era sostanza, nessuna voglia, né idea, né presupposto per costruire alcunché. Ovviamente, Alice Avanzi, come te a quel punto penso a “Vedi cara” di Francesco Guccini. Mi crogiuolo un’ora nel vittimismo, poi mi accorgo che la mia vita mi aspetta – e nessun altro. Non avere casa è un destino di cui sono il fabbro, come dice Kerstin Köhler: “Io ti vedevo, ma non sapevo spiegarlo, e così mi hai lasciata sola. Ma almeno io non avevo paura di te ed amavo le cose che facevi. Non cercavo un uomo mediocre per sentirmi padrona della situazione”. Mara lo dice spesso, che ogni volta cerco di capire se io possa sopravvivere ad una sfida ancora più assurda, ancora più difficile. La risposta è: sì, ma a quale prezzo? E dice anche: “non puoi battere un avversario mediocre, stupido o egotico. Perché chi ha bisogno di quella gente nemmeno capisce le regole del gioco che giochi tu”. Suona tutto così scioccamente altezzoso. Quando Giada viene a trovarmi, invece, valgono regole diverse, semplicissime. Non sono più né grasso né magro, né giovane né vecchio, né ricco né povero. Ha detto che ha cercato di leggere le cose che scrivo, le frasi erano troppo lunghe e c’erano parole che non conosceva. Ma non ha paura di me: “Quando ridi con me, ridi dal di dentro, e mi fa compagnia, mi piace. Sono certa che tu, nella vita normale, non ridi mai dal di dentro”. Ora è qui e ride, in una bellissima stanza in un bosco della Toscana. Sto lavorando, ma per lei va bene. Mi ha raggiunto facendomi una sorpresa e non si aspettava altro. Ma anche lei mette i paletti. Ride di nuovo e mi chiede cosa intendo. Le dico: poni delle condizioni. Fa un gesto buffo e dice: “se una donna mette i paletti vuol dire che si vergogna di aver detto di sì prima che glielo chiedessi”. Ed io imparo, imparo, imparo…

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